In antic, par jentrâ a Gurizâ, da la banda dal Friȗl, bisugnava passâ par Luzinis, traviarsâ il paîs di Pudigori (Podgora), rivâ fin sul puint di Piuma (il Torion), passâ l’Isunz, lâ-sù pai roncs dal Grafemberg (ue via Don Bosco) e rivâ finalmentri ta Plazuta, il prin borc furlan gurizan, fur da la puarta da la zitât, di là dal Cuâr” (Luciano Spangher, 1989).
Questa descrizione di Luciano Spangher mi è ritornata in mente oggi mentre raggiungevo in bicicletta la splendida Piazza N. Tommaseo, familiarmente conosciuta come “Piazzutta” in riferimento al nome, appunto, del Borgo. Piazzutta “il primo borgo friulano goriziano” racconta Spangher, uno dei “villaggi”, penso io, che compongono questa straordinaria città che è Gorizia, ognuno con le sue caratteristiche, le sue peculiarità storiche e sociali, i suoi abitanti, i loro ricordi, i loro sogni e le loro aspirazioni.
E così a mezzogiorno arrivo in Piazzutta dove trovo un nutrito numero di persone le quali mi invitano subito molto cordialmente ad un brindisi, mentre altre stanno arrivando. Ci sono Raffaella, Sandro, Antonella, Paolo, Gabriella e tanti altri… Che succede? Ancora perplesso da una città che, il giorno prima in piazza Vittoria ha “celebrato” i morti viventi, resto piacevolmente sorpreso da tanta vitalità ed entusiasmo che trovo e scopro che diversi residenti della zona sono letteralmente scesi in piazza per trovarsi, parlarsi e… contarsi.
Già, chiedo: trovarsi e contarsi per che cosa? Mi rispondono, lo hanno scritto anche in una sorta di volantino, dicendo che
vorrebbero riempire la piazza di gente per stare insieme e divertirsi, vorrebbero per due giorni chiudere Piazzutta al traffico, organizzare dei laboratori per i bambini e guardare dei writers dipingere, raccontare la storia di Piazzutta, proiettare dei film, presentare libri e aprire alla gente alcune corti della piazza, organizzare una lezione di yoga, raccontare l’esperienza dei gruppi di acquisto solidale e di agricoltura sociale, fare e ascoltare buona musica, bere e mangiare insieme qualcosa.
A proposito di sogni e aspirazioni!
L’entusiasmo che avverto è quello di persone che hanno voglia di esprimersi, di raccontare la loro storia e quella del borgo in cui sono nate o vivono ma anche di accogliere altre persone e ascoltare le loro storie. A questo, mi dicono, servono gli spazi urbani e per questo vogliamo riempire questo spazio, la piazza Tommaseo, animarla, anzi “rianimarla” attraverso i racconti degli abitanti, i giochi dei bimbi, le espressioni artistiche più varie come la musica, i graffiti, il cinema e altre.
Chiunque incontro è un fiume in piena e i discorsi si intrecciano e si mescolano tra i ricordi di quelle che erano le attività commerciali e gli esercizi pubblici fino a qualche anno fa e quelle che sono rimaste oggi, gli edifici vuoti, la sagra rionale che non si fa più ormai da quasi trent’anni, lo spiazzo alberato senza tavoli in legno per gustare una merenda in compagnia, senza nemmeno un’altalena o un piccolo palco per rappresentazioni teatrali o eventi musicali.
Vorremmo stare insieme per guardare Piazzutta in una veste nuova, nella sua bellezza-mi dicono.
Una “bellezza” che si percepisce subito nella loro gioviale ospitalità, nella loro consapevolezza del patrimonio storico e paesaggistico di questo borgo e, soprattutto, nel loro evidente desiderio e orgoglio di far conoscere e condividere questo patrimonio. Così tra un bicchiere di vino e uno spuntino delizioso gentilmente offerto, incominciamo a parlare di Carlo X di Borbone, re di Francia e profugo a Gorizia dopo la rivoluzione del 1830 che passò gli ultimi giorni della sua vita nel Palazzo Coronini-Cronberg, di Julius Kugy che nacque in questo Borgo nel 1858, di Nora Gregor, attrice cinematografica degli anni Venti, anche lei nata tra le case di Piazzutta nel 1901, di Salvatore Quasimodo che, mi racconta qualcuno, ha soggiornato in una casa del Borgo e così avanti.
Chiedo ulteriori informazioni sulle loro intenzioni, se c’è un comitato e simili: “non chiamateci comitato”, mi correggono subito, “siamo semplicemente un gruppo di cittadini”, spiega uno di loro e “non chiamatela festa”, precisano, “piuttosto quella che vogliamo organizzare è un tipo di festa che sia un po’ festival” … Mi spiegano: “festa” certo, perché già trovarsi insieme per organizzare l’evento è un momento di gioia, “festival” perché il desiderio è quello di “portare in piazza la bellezza della cultura”.
Si è fatto tardi, li saluto con una certezza: loro Esistono e Resistono e sono anche molto contagiosi! Di certo qualcosa di “Bello” il 9 e 10 giugno in Piazzutta succederà! Stefano Cosolo
Sarebbe bello che di iniziative così ce ne fossero in ogni quartiere! Bravi tutti.