Giancarlo Velliscig è da trent’anni organizzatore di eventi e rassegne musicali di grande successo (pensiamo a Onde mediterranee). Quest’anno ha comunicato che sarà l’ultima edizione di Udine Jazz nel capoluogo friulano, perchè il neo sindaco Fontanini è stato eletto per 280 voti grazie all’apporto determinante di forze politiche neo fasciste, come RSI Fiamma Nazionale e Casa Pound.
Non si tratta per Velliscig di irrigidirsi davanti al mutare delle amministrazioni, che sono cambiate tanto in tutti questi anni e con cui ha comunque lavorato, ma di non voler organizzare eventi in una città in cui con i fascisti si stringono patti preelettorali, se ne prendono i voti, si tollerano i saluti romani di esultanza, si ragiona sul fatto di metterli anche in giunta.
Intorno alla decisione di Velliscig si sono ovviamente scatenate polemiche. Alcuni hanno affermato che “l’Arte non deve mescolarsi con la politica”. Peccato però che sia la politica che ultimamente si mescola con le manifestazioni artistiche, sopprimendole, come accaduto a Monfalcone con la rassegna teatrale Contrazioni, impedendole, come è successo a Gorizia con la mostra sui confini o ostacolandole come è successo per Cormons libri.
Come sostiene Velliscig il problema non è la destra, ma è lo sdoganamento che ormai si è fatto dei fascisti, da Forza Nuova, a Casapound, a Fiamma Nazionale. Ora il perimetro in cui il paese si muove è la sua Carta Costituzionale. Metterla in discussione, come ormai avviene tutti i giorni, è pericoloso perchè non solo mette in discussione le regole su cui si fonda la società italiana, ma ne elimina un tratto distintivo, un elemento di identità.
Senza la Costituzione, senza quel patto che le maggiori forze politiche hanno sancito nell’immediato dopoguerra, l’Italia non sarebbe il paese che è, non avrebbe un modello, ancora da realizzare, a cui ispirarsi. E’ molto strano l’atteggiamento dei commentatori che minimizzano questo problema.
Da un lato si vota il mantenimento della Costituzione al referendum di qualche anno fa, dall’altro però la si vuole modificare nel suo aspetto fondativo che è appunto l’antifascismo. Il fatto che poi la gente “li abbia votati” non cambia di nulla il problema, conoscendo che nazismo e fascismo furono appunto votati ed ebbero il sostegno del “popolo” che poi ne pagò le conseguenze drammatiche.
Penso che sia del tutto legittimo per un organizzatore culturale non certo abbandonare il campo, ma scegliere dove organizzare le sue manifestazioni e credo che i sindaci che non hanno a cuore la ricchezza culturale ed economica che la città ha tratto da queste rassegne, stilando delle pagelle su chi può continuare a lavorare e chi no, dimostrino miopia politica e non si possano arrogare la definizione di essere sindaci di tutti.
Il mio auspicio è che tra gli operatori culturali si crei un collegamento più forte e continuativo per riflettere su quanto avviene nei singoli territori, discutere l’atteggiamento da prendere, aprire un dibattito su come difendere efficacemente la cultura democratica. adg
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