Molto semplicemente e banalmente quello che il cittadino medio sente in questi giorni è di avere affidato il suo voto – per chi lo ha fatto – a due dilettanti allo sbaraglio, incapaci di mettersi d’accordo, paralizzati da veti incrociati, inetti alla politica.
Salvini, nonostante gigioneggi sugli schermi con pragmatismo senza mezze misure e proclami abolizione della legge Fornero e pugno duro con i clandestini, come nella torture cinesi di sei secoli fa, cammina legato al cadavere di Berlusconi a cui lo lega forse non solo la politica, ma qualche recondito interesse.
Di Maio parla di cambiamento indifferentemente con la Lega e con il PD, come se le due forze avessero le stesse idee e priorità, affidando poi la gerarchia del programma ad un improbabile Giacinto della Cananea che sembra un personaggio di Bibbiopoli il libro sacro di Qui, Quo, Qua e che rende la proposta grillina un insieme di scelte di buon senso, depotenziando tutto.
Entrambi in 60 giorni non hanno combinato nulla e oggi la prospettiva è quella di una nuova elezione a luglio inoltrato, portando così l’astensionismo a cifre da record.
Il messaggio che il popolo italiano ha recepito, al di là dei discorsi propagandistici è il seguente: anche se voti non conti nulla, il paese rimane comunque paralizzato, qui nessuno è in grado di fare niente. Insomma un botta di speranza e di ottimismo per le sorti del nostro paese. adg
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