Il 13 maggio di quaranta anni fa veniva approvata la legge che sanciva la chiusura dei manicomi, detta “Legge Basaglia”, perché ha tradotto in legge i principi propugnati dallo psichiatra Franco Basaglia e le esperienze da lui realizzate negli anni sessanta prima a Gorizia, poi a Trieste.
Essa si fonda sul superamento dell’idea di ingestibilità e pericolosità sociale delle persone con disturbo mentale, dello stigma nei loro confronti, e il loro riconoscimento come cittadini a pieno titolo, con tutti i diritti che l’essere cittadini comporta.
Di qui il rifiuto di rinchiuderli nei “non luoghi” rappresentati dai manicomi e la necessità di un’assistenza articolata nel tessuto sociale del territorio, organizzata dai Dipartimenti di Salute Mentale delle aziende sanitarie.
A che punto siamo rispetto alla sua applicazione?
Se ne è parlato a Roma, al convegno ” Diritti, libertà, servizi – Verso una conferenza nazionale per la salute mentale”, promosso da sedici associazioni fra cui Unasam, Fondazione Franca e Franco Basaglia, Forum Salute Mentale, Società italiana di Epidemiologia Psichiatrica, Psichiatria Democratica, Stop Opg e altre. Ne risulta che c’è ancora tanto da fare: il modello organizzativo prospettato dalla 180, si è imposto soltanto in alcune aree del territorio nazionale, il rispetto della soggettività della persona e la sua partecipazione attiva alla definizione del percorso di cura, sono ancora utopie in molte realtà della nostra penisola.
Solo due anni fa è stato abolito l’ultimo baluardo dell’istituzione manicomiale che erano gli ospedali psichiatrici giudiziari, istituti dove le persone erano sottoposte ad una triplice contenzione, chimica, fisca e ambientale, ed è ancora in fìeri la costruzione di reali alternative affinchè il diritto alla cura sia effettivo anche per chi è autore di reato.
La 180 rappresenta una conquista intellettuale e culturale, e nel contempo un’utopia, che si è realizzata in molti luoghi e in molte forme, ma che continua a rimanere un sogno verso cui tendere, che continuerà a generare nuove forme, e nuovi contenuti per il superamento dei pregiudizi nei confronti delle diversità. In dc
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