L’esperto in urbanistica del Forum, quando si parlava del concetto di ”bene comune” e del fatto che la gente stentasse a capirne il significato citava due esempi. Il primo è la scriteriata ed enorme spesa per l’ascensore al castello: anche se i soldi non vengono direttamente sottratti dalle tasche del cittadino, gli sprechi poi si pagano in termine di riduzione dei servizi; il secondo è la costruzione continua di case in una città dove la popolazione sta costantemente diminuendo e dunque di case nuove non c’è bisogno.
La costruzione di edifici, come l’apertura di supermercati corrisponde a logiche non di mercato, ma al bisogno di investire per ottenere mutui bancari, o, nel peggiore dei casi, per il riciclaggio di denaro sporco, come dimostrano i rapporti della DDA.
Quindi, tornando al discorso di ieri sulla vicenda dell’operaio Augustin Breda, il paradigma è quello: i costruttori, gli imprenditori e i mafiosi si arricchiscono, mentre i poveri ci rimettono. Come? Chi ha comprato con sangue e sudore un appartamento in periferia che una ventina di anni fa ha pagato 100.000 euro, oggi lo rivende a 60.000 se gli va bene e questo perchè, come sostenuto dagli immobiliaristi, l’offerta di appartamenti in città è talmente alta che i prezzi diminuiscono.
Dunque una famiglia si trova in mano un patrimonio quasi dimezzato, oltre al fatto che i costi di urbanizzazione dei nuovi edifici (allacciamenti, contatori, ecc) sono pagati dalla collettività e oltre al fatto che il patrimonio immobiliare della città (vedi palazzo della Questura) si deteriora e dunque noi tutti, come comunità di cittadini, siamo depauperati di un valore.
Davanti al declino di questa città viene da pensare che c’è chi sta peggio. Il nostro presidente della commissione delle minoranze linguistiche che le ama tanto da uscire dall’aula quando sente parlare la lingua “straniera” che non sopporta, come farà adesso che il 70% delle case acquistate sono in mano agli sloveni?
Se vedete un anziano signore con un paio di enormi cuffie in testa è proprio lui che cerca di non sentire la lingua di quello che ancora considera “il nemico interno”, ma con cui ormai dovrà convivere, gli piaccia o no. adg
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