Massimiliano Fedriga parla a Pontida gridando che mai la regione darà il patrocinio per i cortei di omosessuali, lesbiche e transgender perchè la famiglia che vuole – come ogni buon padre di famiglia – è quella tradizionale: papà, mamma, bambini.
Sentire Fedriga fa tornare all’infanzia, quando da bambini si gridava voglio!, e si pensava intensamente a qualcosa sperando che si realizzasse. Ma più tardi da adulti avremmo capito che questo atteggiamento si chiamava in letteratura “pensiero magico”. È che questa famiglia a cui pensa Fedriga, dove i bambini vivevano sereni e tutto va per il meglio, non è mai esistita, nemmeno in passato.
Gli uomini avevano le amanti, da cui avevano figli di N.N., le madri si piegavano al “dovere coniugale” che consisteva nel fare sesso senza alcun piacere, i figli talvolta provavano ostilità verso i genitori, autoritari e perbenisti e non vedevano l’ora di andarsene di casa. La famiglia era stata definita da Mara Salvini Palazzoli, studiosa di Bateson, “famiglia schizofrenogena” perchè al suo interno si generava la follia nella comunicazione.
Negli anni ’70 si scriveva addirittura di “morte della famiglia”, perchè essa era considerata potenzialmente distruttiva per la libertà degli individui. Si sa che non è mai bene generalizzare, ma se tanto mi dà tanto e se oggi avviene un’uccisione di donna al giorno, forse qualcosa in famiglia non va e bisognerebbe discuterne. Forse c’è bisogno di revisione e critica dei ruoli, di discussione.
Invece Fedriga toglie il Comune di Trieste dalla rete di quelli che combattono contro i pregiudizi di genere, e sogna la famiglia che non c’è. Intanto però ci sono i diritti che la comunità lgbt ha conquistato e un politico dovrebbe sapere che da lì non si torna più indietro.
Desiderare di vedere le lucciole, il gracidio delle ranocchie nei fossi, il volto della madre che cuce, il forte battito delle dita del padre sull’uscio di casa, il profumo di torta alle mele, il quadro in rame con Kennedy, il Papa buono e Krusciov, la tinozza per lavare i panni, ci riempie il cuore di rimpianto e nostalgia, ma ormai sappiamo che primo il passato non tornerà più e secondo, anche se tornasse, non è per nulla detto che sarebbe bello come ce lo ricordiamo. adg
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