“Vado dal privato che aspetto meno e sono più gentili …”
Il privato dà posti di lavoro ai giovani …
Verità o luoghi comuni?
Come fanno le case di cura e gli ambulatori privati a essere organizzati così bene e farci aspettare così poco tempo per una prestazione sanitaria?
Innanzi tutto le strutture private svolgono attività “profit”, lavorano quindi per fare profitto, in maniera legittima ovviamente.
Nella nostra regione viene concordato un finanziamento massimo annuale (detto “tetto”) che può essere riconosciuto ai privati accreditati che beneficiano di una convenzione con le aziende sanitarie pubbliche, che complessivamente ammonta a circa 15 milioni. Per il cittadino non cambia nulla, in questi casi è l’Azienda che paga.
Il cittadino può anche scegliere di accedere al privato puro, cioè senza convenzione, per esempio per prestazioni che non rientrano nella convenzione o se la struttura ha esaurito il budget, in questo caso paga lui.
L’imprenditore privato in sanità sceglie di fare quello che rende di più: interventi chirurgici programmati e standardizzati, diagnostica per immagini, laboratorio, visite specialistiche, interventi ambulatoriali (es, cataratta).
Il paziente ha la possibilità di essere “selezionato” dallo specialista già dal momento della visita ambulatoriale che lo indirizza al ricovero / intervento nella struttura privata, dove sarà lo stesso specialista ad operarlo, con legittimo profitto.
Mentre il tanto screditato “pubblico” deve farsi carico di tutto: emergenza urgenza, pronto soccorso, medicina interna , malati terminali … e spesso lo fa mescolando l’urgenza al programmato, con cambi improvvisi di programmi operatori e di appuntamenti di specialistica ambulatoriale.
L’attività delle strutture private è organizzata e scandita da appuntamenti e ricoveri programmati, non ci sono urgenze che fanno saltare le liste operatorie o ambulatoriali, a meno che non si presenti qualche complicanza nei pazienti operati.
Il personale è più giovane? Forse gli infermieri, ma non sicuramente i medici.
E’ risaputo che diversi medici non aspettano altro che la tanto agognata pensione non (solo) per viaggiare o fare volontariato, ma per approdare dopo pochi giorni nelle strutture private che li accolgono a braccia aperte perché si portano dietro anche l’affezionata clientela (almeno nella nostra regione è così, provare per credere…).
Tutto legittimo, certo, ma non si può dire che il privato rappresenti una grande opportunità di lavoro per i giovani medici che devono sviluppare competenze professionali.
Se verrà approvata nei termini che conosciamo la cosiddetta “quota 100”, senza vietare ai neo pensionati di intraprendere una nuova attività lavorativa, vedremo allungarsi ancora di più le liste d’attesa negli ospedali pubblici a causa del fuggi fuggi di medici e infermieri, e vedremo ingrossarsi gli organici dei privati di “giovani” pensionati. Il privato è servito!
Inoltre c’è un’altra forma di attività privata assolutamente lecita che praticano molti medici pubblici, la cosiddetta “intramoenia”, che permette a un medico pubblico dipendente di fare attività privata concordata e autorizzata dall’azienda nei locali stessi dell’azienda sanitaria. Quindi, finito l’ambulatorio o la sala operatoria, ecco che il medico si ripresenta sotto altre vesti offrendo prestazioni generalmente in tempi molto più brevi. Tutto legittimo, prenotazione a CUP e ricevuta, fuori orario di servizio naturalmente.
E qui ci torna in mente la lungimirante onorevole Bindi che aveva pensato di eliminare questa promiscuità pubblico – privato. Niente da fare, siamo ancora qui!
Infine vale la pena di spendere alcune parole sul contratto dei medici pubblici, non rinnovato da quasi dieci anni.
Non c’è che dire, qualche ragione i medici ce l’hanno pure a voler scappare e approdare al privato. Ma non parliamo di concorrenza ad armi pari! MT
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