Seguendo il modello Cisint, il sindaco di Monfalcone che mette il tetto agli alunni stranieri negli asili (bengalesi o rumeni nati in Italia con genitori che lavorano con le carte in regola al Cantiere) rallentando l’apprendimento della lingua italiana e dunque producendo i problemi e non risolvendoli, i triestini si accodano e preparano una legge che fissa il tetto degli stranieri nelle scuole al 30%.
Una gara per far vedere chi è più ligio alle direttive del Capitano ma che fa saltare i nervi alle comunità presenti sul territorio. Serbi, croati, kosovari, rumeni che da anni e anni risiedono nella città portuale, dove la convivenza di lingue e religioni diverse erano una regola dalla fine del ‘700, vengono pesantemente discriminati.
Questi bambini hanno solo il cognome straniero, ma sono nati e vissuti in Italia, dunque di quale tetto parliamo? Non paga di questo la destra triestina fa la campagna per rimettere i crocefissi nella classi e mettere l’insegnamento della religione cattolica nei piani dell’offerta formativa delle scuole dell’infanzia.
Si tratta di provvedimenti assolutamente ridicoli e inutili. Non è certo con il crocefisso o il richiamo alle radici cattoliche che la gente si avvicinerà alla religione, da cui si è allontanata per problemi un po’ più complessi che la scomparsa della croce sulla cattedra. Insomma quello che la destra giudica buon senso è razzismo bello e buono.
Trieste è sempre stata bella per la presenza di chiese di diverso orientamento, comunità differenti, mescolanza di culture. Se adesso viene proposta l’omogeneità del pensiero unico salviniano il fascino della città subirà una ferita difficilmente rimarginabile. adg
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