E così il governo del cambiamento annulla oltre un secolo di lotte in cui le donne si sono battute per ottenere contemporaneamente il diritto al lavoro e il riconoscimento del loro ruolo di madri, non come una caratteristica da punire (con salari inferiori perchè sei donna e rimani incinta, oppure con la disoccupazione perchè costi troppo).
Sulla legge che tutela la maternità, cioè sul fatto che una donna possa assentarsi dal lavoro alcuni mesi prima del parto e alcuni mesi dopo e che abbia al ritorno la garanzia di non essere licenziata, hanno discusso su posizioni diverse Anna Kuliscioff, il partito socialista, i movimenti emancipazionisti, Mussolini, i costituenti italiani, le forze politiche sino agli anni ’70, consapevoli che le leggi di tutela spesso si rivoltano contro i soggetti che vengono ritenuti non concorrenziali sul mercato del lavoro, ma ugualmente consapevoli che senza tutele i padroni avrebbero messo al lavoro illimitato, come successo per tutto l’800, bambini e donne sino allo sfinimento.
Oggi un dibattito e mille battaglie si infrangono contro il candore inconsapevole del governo che consente alle donne di lavorare sino al nono mese di gravidanza con la magica trovata che la scelta dipende dalla donna. Con una disoccupazione femminile che non ha eguali in Europa, con contratti precari, con la paura della disoccupazione, con il ricatto che se non fai così ce ne sono mille fuori dalla porta, pensiamo veramente che le donne saranno libere di scegliere quanto e come lavorare o saranno invece indotte, come succedeva alle tessili prima del 1947, a partorire praticamente in fabbrica e poi tornare subito al lavoro? Purtroppo la società si basa sui rapporti di forza e non sul candore astorico dei giovanotti al governo. adg
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