Dopo sei anni dal primo appuntamento (10.11.2012) il Comune di Gorizia ripropone gli stati Generali della cultura goriziana (7.12.2018).
Se si confrontano i due testi d’invito si scopre che in sei anni nulla è cambiato, neppure una virgola. L’unica modifica presente nel nuovo testo riguarda infatti la firma di Fabrizio Oreti al posto di quella di Ettore Romoli (mentre l’altra sottoscrizione è quella di Rodolfo Ziberna, che nel frattempo è stato “promosso” da Assessore a Sindaco).
Evidentemente non ci si è preoccupati neppure di redigere un nuovo testo, che tenesse conto del tempo trascorso, del precedente censimento delle Associazioni già eseguito (obiettivo dichiarato in carattere grassetto in entrambe le convocazioni), delle analisi svolte in questi anni (a partire dalla ricerca realizzata da ISIG titolata proprio “Stati generali delle cultura isontina” e dal sottotitolo ancora più significativo: “Percorso partecipato della Provincia di Gorizia per la definizione di una strategia provinciale volta a rafforzare le capacità delle associazioni culturali isontine”). Un percorso partecipato contro un invito (diramato solo ieri, alla vigilia dell’evento, dalla stampa) che replica le stesse parole di 6 anni fa.
Ci chiediamo anche, rappresentando alcune tra le realtà goriziane più attive, e non avendo ricevuto alcun invito, quale sia stata la modalità adottata per diramarlo, soprattutto in ragione del fatto che in esso viene richiesta una conferma di partecipazione e un’anticipazione via e-mail dell’intervento previsto.
Tra i pochi primati dei quali può ancora vantarsi questa città, vi è quello del maggior numero di associazioni per abitante. Un dato che però può essere letto in due modi: quale segnale di vivacità o di divisione. A nostro avviso è più evidente il secondo, che porta a una moltiplicazione di iniziative, prive di coordinamento e spesso scarsamente partecipate.
Riteniamo quindi, in questo senso, potenzialmente ancora più importante un’iniziativa di questo tipo, che dovrebbe però essere realmente inclusiva e partecipata, continuativa e coordinata, e non concepita solamente quale sterile rituale per poter sostenere di aver mantenuto una promessa elettorale.
Tale visione, o meglio tale mancanza di visione, ci pare ancora più grave in un momento particolarmente critico per Gorizia, alla quale la Regione avrebbe peraltro affidato proprio un’identità quale città della cultura, e si sta costruendo (forse) una candidatura a capitale europea della cultura a supporto di Nova Gorica, mentre al contempo si è sempre ignorata la possibilità di una candidatura di scala nazionale e si sono perse occasioni importanti, quali la mostra sul tema del confine proposta lo scorso anno da Koinè, censurata dallo stesso Comune.
Chiediamo dunque, a gran voce, a Sindaco e Assessore: qual è la vostra visione culturale di Gorizia? Come intendete svilupparla? Quali iniziative concrete pensate di promuovere per incentivare le associazioni cittadine, anche a collaborare tra di loro?
agorè, ArGO, casa del popolo, forum Gorizia, Gorizia c’è
Qual è la visione culturale di Gorizia di Ziberna e Oreti? Perché, dimostrano di averla? Il secondo ha affermato che le associazioni sono il braccio operativo del Comune. Ha senso? Un Comune non chiama a raccolta chi già ha una passione e si dà da fare in un determinato campo per metterci il suo cappello, ma ha esso stesso delle idee e una strategia positiva, volontà di coordinamento e organizzazione, di facilitazione dei percorsi, di incentivazione, di proposta di contatti fecondi. Senza contare che cooptare le associazioni, che spesso vengono dal Comune stesso cofinanziate, può essere, viceversa, il modo per uniformarne l’azione e mettere la sordina ad aspetti del loro impegno che potrebbero essere non graditi alla parte politica che esprime l’amministrazione. O può addirittura accadere che venga detto loro di cosa devono occuparsi. Di fatto esse possono essere poste sotto ricatto. A Gorizia abbiamo già avuto censure, ma vedo più spesso la tecnica dell’annacquamento, fino a generare risultati che non nuocciono al pensiero dei timonieri. Il sorrisone del sindaco e le sue pacche sulle spalle vorrebbero raccogliere tutti sotto l’ombrello della sua “moderazione”, ma credo che l’autonomia d’indirizzo di chi opera vada mantenuta – non certamente subordinando i finanziamenti a progetti riguardanti Leonardo da Vinci, come ha fatto con insopportabile ed estraneo dirigismo centralistico la Regione. Inoltre trovo indicativi gli entusiasmi dei nostri due personaggi, allorché dichiararono “così si fa cultura” di fronte alla fila alla biglietteria del Teatro Verdi per messe in scena molto popolari. Gli stessi affermano di “ascoltare” – mentre la becera sinistra “impone” -, di aver “intercettato i gusti del pubblico”, ma nessuna crescita culturale arriva dal basso, come ha anche recentemente sottolineato la sempre sagace Federica Manzon sul “Piccolo”: “Il trionfo del gusto della maggioranza, che non ha mai fatto bene alle arti.” Non dimentichiamo poi che accanto a Ziberna ed Oreti c’è, invisibile, Antonio Devetag, quello che alla premiazione di Sylvain Chomet al Premio Amidei si congratulò davanti a lui con gli organizzatori perché avevano fatto convivere la cultura con lo spettacolo popolare. C’è stato un tripudio per la “trionfale” prima della prosa, ma si è trattato di un allestimento molto, molto modesto. E’ culturale o aziendalistico giudicare dalla percentuale di riempimento della sala? Come dimostra anche la stagione musicale del teatro di Monfalcone, una volta eccellente e oggi irriconoscibile, ora le cose devono essere “pop”. Se con questo si vogliono attrarre i giovani, inseguendo i loro gusti, si rammenti che nella media essi sono purtroppo decisamente poco acculturati, occupati come sono a digitare con gli auricolari alle orecchie molto più che a parlare fra di loro e a discutere. Ci dev’essere lo scontro fra l'”elitario” e il popolare, e quando le decisioni, anche in campo culturale, sono prese da chi ne capisce qualcosa, allora possono essere definite “calate dall’alto”, mentre “non si è dato ascolto alla gente” (che si è visto come si è comportata con Barabba e la Brexit). La propaganda continua fa dire ad Oreti che anche la destra sa fare cultura, che i “radical-chic” della sinistra ritengono loro prerogativa. Bene, ma sono queste le mosse e i risultati? Non credo che chi ha redatto l’appello con cui termina l’intervento qui sopra avrà una risposta.