L’ex assessor provicial comunista e profughista in cerca di afgani lungamente dotati
Psicopatica
CIMIce rossa
Relitto tossico umano
Psicopatica ritardata
Pezzente
Non servono i nomi: né di chi gli insulti se li è beccati (e ancora se li becca), né di chi gli insulti li scrive. Anche questi ultimi hanno figli e mi piange il cuore a pensare che possano rendersi conto della miseria di certe espressioni usate dai propri genitori, da chi dovrebbe dare l’esempio, da chi, magari in veste ufficiale, va nelle scuole a parlare di bullismo e cyberbullismo.
Mi chiedo se chi scrive certe cose si appelli alla libertà della satira, e soprattutto se sappia cosa sia la satira. Magari queste stesse persone si indignano di fronte allo stile caustico e irriverente di Charlie Hebdo (perchè in questo caso è veramente troppo!) o cose simili, ignorando una differenza fondamentale.
Mentre nel caso del settimanale satirico francese i contenuti, spesso estremi, servono a creare mal di pancia e a far riflettere, mi chiedo quale sia l’obiettivo di usare la vita privata di una persona per sputtanarla sul piano politico.
Qui non c’entra la satira e il paragone più azzeccato e Novella 2000, con tutto il rispetto per le stelline sui capezzoli sulle fotografie delle donne discinte.
Servirsi del proprio potere o della propria visibilità per scagliarsi sui più deboli è da miserabili, tipo rubare in Chiesa (o le coperte di un senzatetto, perdir).
Vabbè, direte voi, non tutti hanno la sensibilità per capire, non tutti hanno avuto i mezzi per crearsi una coscienza critica… Peccato che, accanto a immagini e frasi di dubbio gusto compaiono i tag di amministratori pubblici, persone che noi paghiamo per amministrarci.
Addirittura si fanno immortalare orgogliosamente esibendo i prodotti di menti così fini, e magari hanno pure la delega alle pari opportunità… Un incarico infelice, a dirla tutta, visto che già in passato chi lo deteneva si è lasciato andare in epiteti sessisti di dubbio gusto (e per questo ha pagato sul piano giudiziario).
Eppure basterebbe così poco per frenarsi, per non eccedere… A noi donne, ad esempio, basterebbe pensare a tutte le volte che abbiamo subito una violenza, non necessariamente fisica, e a quanto questo ci abbia ferito o fatto incazzare. Agli uomini, non so, magari basterebbe pensare se a beccarsi gli insulti fosse una figlia, una sorella o la propria moglie.
Insomma, prima che una questione culturale, è una questione di buon senso. Se non c’è nemmeno questo, cosa possiamo aspettarci per il futuro? Eleonora Sartori
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