Gli spifferi regionali sul caso Gorizia rischiano di peggiorare il fastidioso torcicollo causato da tutto questo guardare indietro, al glorioso passato che fu.
Non è tuttavia rassicurante avere un passato di indubbio blasone, se nell’ultimo ventennio almeno si è proceduto alla sistematica applicazione del territorio, di cui questa è l’ultima tragica tappa.
Sabato scorso Ferruccio Saro, l’ideatore di Gorizia quartiere di Trieste, ha cercato di spiegare ai goriziani la bontà di diventare alla stregua di Altura o Chiarbola.
Chi era presente dice che gli è andata male, ma temo che non gli interessasse più di tanto, quasi questo fosse uno dei pochi momenti obbligati in cui presentarsi a Gorizia, a che titolo non si sa, a enunciare la buona novella: sparirete, per una regione speciale.
Il luogo e l’organizzazione, la scuola politica del figlio di Romoli, suggeriscono che morto lui è iniziato il saccheggio, quasi che prima non si potesse per gentlemen agreement. Ergo, gli eredi politici del compianto contano meno di zero, oltre Lucinico.
Ziberna, a cui il consiglio comunale ha dato lo spadone per la guerra, ricorda Brancaleone da Norcia. Fa la lista della spesa sanitaria a Riccardi, stessa parrocchia, e questo neanche lo considera.
La sensazione è che sia tutto deciso. Dovesse passare la riforma, dovremmo dimetterci tutti: sindaco, giunta, consiglieri, perché nessun programma elettorale nemmeno ipotizzava il passaggio sotto Trieste.
È venuto meno il nostro ruolo di difensori degli interessi comuni, il patto di rappresentanza, il mandato degli elettori di agire per il bene di tutti in base alle proposte fatte in campagna elettorale. Saremmo inutili occupanti di un seggio svuotato del suo significato. Meglio a casa, più dignitoso. Andrea Picco
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