Sala piena e posti in piedi, ieri sera al Kulturni Dom per l’incontro con Don Ciotti, fondatore e presidente dell’associazione Libera. Il suo lungo intervento era inserito all’interno della presentazione del rapporto “LiberaIdee”, circa la percezione sulla presenza di mafie e corruzione. A sua volta, l’incontro faceva parte di un continuum di date in regione, propedeutico anche alla giornata del 21 marzo, in cui ogni anno si ricordano le vittime innocenti delle mafie (quest’anno a Padova).
Da tesserata di Libera, però, l’incontro mi ha lasciato un certo amaro in bocca: sicuramente i dati raccolti nel rapporto sono interessanti e ci dicono molto su quello che è il sentore e l’immaginario, qua nel profondo nord-est, in merito alla sottostimata valutazione popolare sulla presenza e le attività delle organizzazioni criminali in questo territorio… ma, sí c’è un ma.
Fatto salvo che ho veramente apprezzato le parole di benvenuto in doppia lingua di un Igor Komel visibilmente emozionato, non posso restare indifferente al resto. Parto dal prefetto, nativo campano e successivamente mandato al nord (Piemonte ed Emilia Romagna) per lavorare in ambienti dove ormai le mafie avevano infiltrato qualunque cosa, amministrazioni comprese… Mi aspettavo qualcosa che andasse oltre al “cerimoniale”, che peraltro non c’è stato da parte dell’amministrazione comunale.
Interessante quindi il rapporto “LiberaIdee”, così come l’intervento di Don Ciotti, ma io per tutta la serata mi sono chiesta: e quando accennano all’inchiesta partita proprio dai lavori in Corso Italia a Gorizia, con ripercussioni nazionali enormi (150 gare truccate in 14 regioni!)? Attenzione, “accennano”, non “parlano”! Lo so che ci sono delle indagini in corso… e scusate il gioco di parole. Un tanto peró per uscire dalla zona grigia, appunto.
Sicuramente, comunque, non sono stata la persona più delusa in quella sala: nei posti riservati alle autorità spiccava chi non vestiva la fascia e, immagino, non rappresentasse neanche se stessa ad un certo punto; sí, perché l’assessore Romano penso che non avrebbe sorriso neanche se davanti ai suoi occhi si fossero palesati i soliti quattro tartarugati… diciamo che dal tema migranti a quello dei servizi sociali è stata inchiodata all’evidenza delle infiltrazioni mafiose.
Quando poi sembrava che non potesse andarle peggio, Don Ciotti ha parlato del suo nuovo libro “Lettera a un razzista del terzo millennio”… ho sperato fino alla fine che le regalasse una copia autografata, chissà…
Infine, devo ammonire a malincuore don Nicola Ban, che ha detto una cosa tipo sarebbe bello che anche a Gorizia ci fossero persone che applicano il Vangelo nei fatti; dev’essere stata una leggerezza, in onore all’ospite della serata, ma sicuramente Don Alberto e i tanti volontari che erano presenti in sala avrebbero preferito -qui si- il silenzio. Laura Devecchi
Buonasera.. non per sminuire gli altri punti dell’articolo, ma in merito all’infelice “battuta” di don Nicola Ban che conferma il “nemo propheta in patria”, devo ammettere che avrei auspicato addirittura una “correzione in corso d’opera” .. perché umanamente può sfuggire uno svarione discorsivo, visto anche il pathos della serata.. ma poi uno ci pensa, a quello che ha detto, specie se di fronte ad un così folto pubblico. E se da questo compito esoneriamo affettuosamente don Ciotti (che pur conosce don Alberto e la sua vicinanza agli Ultimi) vista la sua manifesta e provata stanchezza, affiderei questa mancanza a Massimo Bressan, cui ieri era affidato l’importante ruolo del padrone di casa.. e che don Alberto conosce molto bene, avendo assunto la Presidenza della Comunità Arcobaleno dal don fondata come la Casa Juanna di Farra d’isonzo, la Comunità La Tempesta, la Comunità di Mossa..
Forse sono di parte, conoscendo don Alberto da quando mi ha accompagnato alla Prima Comunione ad oggi ed essendo stata testimone di innumerevoli episodi in cui ha dimostrato – con fatti, opere e senza omissioni – di mettere in opera quotidianamente il Vangelo, Con noi.. Fra di noi!