La manifestazione di sabato a Verona non era tanto contro il Congresso della Famiglia, quanto contro la mistificazione che da sempre caratterizza le discussioni attorno al ruolo delle donne, al loro corpo, alle loro vite.
La mistificazione, in realtà, parte dai numeri; noi c’eravamo sabato e quando abbiamo letto le prime notizie battute da agenzie stampa e testate ci è venuto un colpo: 20 mila persone.
Avete presente la piazza XXV aprile antistante la Stazione Porta Nuova? Ecco, non ci si muoveva… C’erano elicotteri e droni a osservarci dall’alto, è evidente quindi che si è voluto come sempre minimizzare la portata di un evento storico.
Accanto alla mistificazione vi è un infantile tentativo di ridicolizzarlo, pubblicando e diffondendo immagini di coppie variopinte, cartelli dallo stile discutibile. Non si vuole guardare alla platea di donne, uomini di tutte le età, molti con i capelli bianchi (come la signora affacciata al balcone con il cartello “non cammino ma vi sono vicino), moltissimi con bambini al seguito che pacificamente sfilavano sorridenti e baciati dal sole, il sole dei giusti.
Ci vuole coraggio per affibbiare l’aggettivo trash a qualche pittoresco manifestante dopo che al Congresso si sono distribuiti feti di gomma… Magari prodotti dalle stesse aziende che sfornano anche peni di plastica di tutte le dimensioni e colori.
Romanticamente si potrebbe affermare che nella città di Romeo e Giulietta abbia vinto l’amore, ma concretamente è bene ricordare perchè una MAREA di persone (ultime stime 150 mila) abbia impiegato il sabato pomeriggio per gridare che i diritti umani, di cui quelli delle donne sono solo una parte, non si toccano.
Innanzitutto perchè al Congresso è emerso l’evidente rifiuto di riconoscere tutte le configurazioni familiari al di fuori di quella “naturale”, composta da donna e uomo. Esistono, fatevene una ragione!
Perchè è stata equiparata l’interruzione volontaria di gravidanza all’omicidio; una tematica importante questa che va affrontata con serietà, ma da un altro punto di vista: in un paese laico non è tollerabile l’indisponibilità di personale sanitario non obiettore negli ospedali (facciamocelo un giro anche a Gorizia, e vediamo come siamo messi).
Perchè si è trattata l’omosessualità come una patologia da curare e si è puntato il dito contro tutte le forme di orientamento sessuale non ascrivibili a maschio/femmina; ci sarebbe da ridere se non fosse che gli italiani sono tra i primi al mondo per turismo sessuale!
Insomma il popolo del corteo di Verona urla che sui diritti non si torna indietro e che ciò che riguarda salute, sesso, vita riproduttiva è affare del singolo, come l’irascibile Meloni ha ricordato nel corso di un’intervista (non penserà mica che valga solo per lei?).
Che le Istituzioni pensino, piuttosto, a invertire il senso di marcia su disegni di legge che colpiscono donne vulnerabili come il ddl Pillon, a istituire il reato di femminicidio (che è altro rispetto all’omicidio) e misure per prevenirlo, a criminalizzare azioni come il revenge porn, a rendere effettive le leggi sull’interruzione di gravidanza in tutto lo stivale e si potrebbe continuare a lungo.
E se proprio hanno tanto a cuore la famiglia tradizionale, che si impegnino sin da subito a trovare misure per agevolarla, ma non retribuendo le donne che stanno a casa a fare le mamme (a meno che questo non rappresenti un loro desiderio!), ma consentendo a queste ultime di essere serenamente madri e professioniste. La donna come fattrice, incubatrice, ci riporta alla memoria un ventennio di cui non andare fieri.
Tutto il resto è un bieco tentativo di trovare dei capri espiatori per nascondere il vuoto pneumatico che fino ad ora è stato fatto per le giovani coppie, le famiglie, le donne madri, le donne lavoratrici, i bambini. E la lista è lunga. Eleonora Sartori
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