Cosa lega la festa a Piazzutta e la morte del ragazzo pakistano? I ragazzi che in piazza hanno presentato la loro musica, i loro video, i progetti di documentari da realizzare, che da tempo animano una delle piazze più belle e trascurate della città, hanno un bisogno fondamentale. Quello di essere presenti, di contare, di avere voce in capitolo, di essere protagonisti, almeno per quanto è possibile, della loro vita. Vogliono essere riconosciuti.
Il riconoscimento della propri individualità è uno dei bisogni più profondi dell’uomo. Riconosciuto voleva anche essere il povero ragazzo pakistano, che, davanti ad un ciclista senza parole, si è gettato velocemente dal ponte di Straccis ed è morto. Sembra che girasse da anni in Europa, senza trovare una sistemazione, un posto per sentirsi accolto.
Quando non si riconosce il diritto dei cittadini a muoversi liberamente e si impongono permessi, carte, divieti, carceri, quando ai cittadini di Gorizia si nega la convocazione di una commissione per discutere i problemi ambientali, quando ad una associazione che mette in rilievo gli errori degli erigendi monumenti nemmeno si risponde, quando non si vuole capire che la memoria della città è divisa e per andare avanti è necessario trovare dei punti di incontro, allora vuol dire che esiste solo il mero calcolo elettorale delle convenienze e non una visione politica.
Per cui preso atto che giovani, vecchi, uomini, donne, pakistani, italiani, sloveni, ecc. hanno le stesse esigenze non sarà difficile per noi superare le divisioni e archiviare l’opprimente malapolitica. Anna Di Gianantonio
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