Dal mondo della salute mentale viene una straordinaria prova di come i problemi possano essere discussi in modo democratico, partecipativo coinvolgendo dal basso un’intera nazione, a partire dai diretti interessati, per arrivare ai vertici del sistema.
La Conferenza nazionale per la salute mentale è stata promossa da oltre cento Associazioni, si è svolta nell’arco di sei mesi, da dicembre 2018 – giugno 2019, con trenta tappe diffuse su tutto il territorio italiano; migliaia di persone vi hanno partecipato, fino all’assemblea conclusiva tenutasi a Roma il 14 e 15 giugno, presso il dipartimento di economia dell’università La Sapienza.
La Conferenza è stata occasione di confronto aperto e di partecipazione democratica, per valutare lo stato delle politiche e dei servizi per la salute mentale, respingendo qualsiasi tentativo di restaurare la logica manicomiale, e per affermare i principi sanciti dalle leggi di Riforma 180 e 833 del 1978.
La Conferenza, che ha visto una grande e appassionata partecipazione di cittadini, esperti, personalità della cultura, operatori del settore, esponenti dei sindacati e della politica (tra i parlamentari Nerina Dirindin e Pierpaolo Sileri), si è conclusa con una dichiarazione che lancia dieci proposte per aprire un confronto con le Istituzioni (Governo, Regioni, Comuni, Parlamento), e proseguire la mobilitazione per affermare Diritti, Libertà, Servizi per la Salute Mentale.
Le dieci proposte del documento conclusivo, in sintesi:
1) obbligo per il Governo di presentare al Parlamento una relazione annuale sullo stato dei servizi di salute mentale;
2) aumentare il finanziamento per il SSN riservando ai servizi della salute mentale almeno il 5% del Fondo Sanitario Nazionale;
3) inserire, per la valutazione annuale del rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza, indicatori di qualità per la prevenzione e per i servizi territoriali di salute mentale comunitaria;
4) stabilire, a livello nazionale, standard qualitativi, strutturali , organizzativi e quantitativi per l’assistenza territoriale per la salute mentale;
5) incentivare Centri di Salute Mentale aperti almeno 12 ore al giorno, con alta integrazione con i servizi sociali del territorio;
6) spostare le risorse dalle residenze di lungo periodo ai servizi domiciliari; 7) prevedere specifiche misure per il contrasto delle “cattive pratiche” che violano i diritti delle persone, in particolare la contenzione e le modalità inappropriate nell’esecuzione dei TSO, con esplicito divieto all’impiego del taser;
8) impegnare le Università, in particolare le facoltà di medicina, alla formazione di professionisti orientati alla salute mentale di comunità;
9) ricostituire l’Organismo di monitoraggio sul processo di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e sul rispetto del diritto all’assistenza e alla tutela della salute per le persone autori di reato, in carcere e nel territorio;
10) assicurare la partecipazione dei cittadini che utilizzano i servizi, delle forze sociali e sindacali, negli organismi decisionali a tutti i livelli. Daniela Careddu
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