Un tempo, la cucina democristiana prevedeva un fuoco lento. Sarà così anche per Salvini, avendo ai fornelli un cuoco come Mattarella? Parrebbe di sì, scrutando le bolle della pentola. Salvini dal canto suo, si è immerso quando l’acqua era ancora gradevole e lo chef era (penta)stellato, ma rischia, ora che è solo contro tutti e non decide la cottura, di far la fine della rana bollita, se non si vota subito.
Ci sono strane analogie, tra Renzi e Salvini, a partire da quella più curiosa del nome. Entrambi, ad esempio, hanno condotto una battaglia di minoranza prima – Renzi nel suo partito, Salvini nel governo – hanno vinto questa battaglia, hanno dominato la scena, pompati dai media e dai “poteri forti” hanno pensato di essere indispensabili e invincibili, hanno detto o me o il diluvio – Renzi col “referendum su di me”, che vale quanto il “datemi pieni poteri” di Salvini – ora Salvini è qui, avendo già visto il film di Renzi fino ai titoli di coda. E rischia di replicare l’originale, che non a caso sta cercando di condizionare la cottura del suo omonimo.
Renzi ha finito i popcorn e ha tanta voglia di Movimento, dopo aver preferito il divano un anno fa. Ma ha anche bisogno di tempo, per rimettere in forma la sua squadra, si chiami PD o qualcos’altro. Diciamo almeno sei mesi. Zingaretti, intanto, non riesce a non farsi dettare i tempi da lui, proprio come Di Maio con Salvini, altra analogia. A sinistra, non pervenuti. Non si sa se più spaventati da dover trovare l’ennesimo nuovo nome alle vecchie cariatidi dal 3.9%, o finalmente convinti a creare qualcosa di nuovo, che “non creda a chi ha più di trent’anni”, citando uno degli slogan del sessantotto. Che, per inciso, ne ha più di cinquanta. Staremo a vedere nei prossimi mesi chi sarà, tra Salvini e il paese, a essere cotto e mangiato. Andrea Picco
Il problema è a livello nazionale, così come a livello locale: finché si fa politica non passione, ma perché non si ha un lavoro…