Saranno stati i dati della flessione del turismo in città insieme a Pordenone e in controtendenza con Udine e Trieste, sarà perchè gli annunci ormai stanno a zero, ma sul giornale è apparsa la decisione della giunta di trasformare il valico del Rafut in un piccolo museo del 900 che analizzi la frontiera dagli anni ’60 agli anni ’80 del Novecento.
Certo l’arco cronologico non è adeguato, perchè a uno studente va spiegato come si arriva allo stabilirsi del confine, ma insomma è comunque un passo avanti. Bisognerebbe inoltre salvare dal degrado tutte le casette cantoniere che in questo senso andrebbero a costruire un percorso museale e didattico interessante.
E’ proprio ciò che avevano proposto come Forum in consiglio comunale con Romoli sindaco e Devetag assessore alla cultura. Naturalmente la proposta, estremamente articolata e dettagliata perchè avevamo consultato degli esperti museali, fu bocciata, perchè proveniva “da sinistra”. Invece avevamo ragione noi.
Pensare che Gorizia attragga per Sissi e Massimiliano ci può stare ma le mostre non si possono reiterare all’infinito. Gorizia è interessante in Italia solo per la storia del ‘900, lì ci sono le sue peculiarità uniche. Questa è una certezza che dovrebbero avere anche gli esuli e le loro associazioni, visto il dibattito che si scatena in Italia su Norma Cossetto, foibe ed esodo e la continua richiesta di conferenze e dibattiti, da Milano a Cosenza.
L’idea vincente per le due città, capitali di cultura è “Dalla cortina di ferro, alla collaborazione tra i popoli”. Questo slogan è l’unico in grado di far capire l’origine e il travaglio che hanno portato italiani e sloveni a convivere e a progettare insieme. O ci avviamo verso questa strada, o creiamo turismo scolastico e lavoro, oppure non andremo, come si è visto, da nessuna parte. Anna Di Gianantonio
Temo sia buona la seconda, non andiamo da nessuna parte.