Fatti, notizie, inchieste, commenti. Questo si aspetta il lettore di un quotidiano. Concretezza, pragmatismo, informazione. Ma nel giornale le pagine di Gorizia fanno eccezione. E’ bello leggendole uscire dalla nuda realtà ed entrare nel fatato mondo del sogno e del desiderio, dove la realtà si mescola con la fantasia. Questo rende il giornalismo molto efficace: difficile distinguere per un lettore distratto tra accadimenti e speranze.
Dunque vicino ai fatti quotidiani, quasi sempre sgradevoli e dolorosi (vandali mai beccati nonostante il potenziamento della “sicurezza”, morti, ecc.) ecco che compare oggi il futuro rifacimento del piazzale davanti alla stazione, cosa di cui si parla da anni e annorum. Nei mesi precedenti, accanto ai dati delle chiusure dei negozi o del calo demografico, c’era il mercato de Madrid, l’Isonzo beach, il Central park della Valletta, l’ascensore del Castello, insomma mai c’è stato un lutto, una difficoltà, un problema senza un messaggio subliminale che ti diceva “vai avanti, la vita continua”.
Il lettore deve aggrapparsi alla speranza e superare lo sconforto. Deve pensare “no xe un ben se no xe un mal”, poi il tempo e l’oblio saranno le migliori medicine e si dimenticherà mercato, commercio, viadotto, ecc. E non è bene fare così? Non è forse vero che quando si chiude una porta si apre un portone, che anche quando perdiamo enti, autonomie, presidenze, in realtà vinciamo e brindiamo? Non è forse più raffinato di quello che ci hanno insegnato da piccoli, quel detto rozzo, volgare e deprimente che recita” chi vive sperando, muore… Anna Di Gianantonio
Rispondi