Durante la presentazione di ieri del libro su Italico Chiarion, Anna Di Gianantonio ha descritto la Gorizia postbellica. Ebbene, le analogie con la Gorizia attuale erano a dir poco sorprendenti. Centro-destra al potere, allora il monocolore DC e una forte presenza missina, odio verso gli slavi, pericolo d’invasione comunista, foibe, lapidario, zona franca: questi erano i temi della politica goriziana, per decenni.
Sembrava di sentire il pietoso discorso di Ziberna alla presidente del Senato, lunedì, con l’unica variante che l’invasione è “negra” e non rossa. Il Sindaco ha mendicato un po’ di polizia, un po’ di sgravi, un po’ di soldi, come uno dei questuanti che tanto disturbano a suo dire il decoro della città. Se rileggete le sue parole, sentirete i toni dello studente che tira in ballo l’ottava morte della nonna per suscitare un po’ di pietà in chi ha di fronte. Non ho un’idea che sia una, prof, ma non le faccio pena? La prego, mi molli la sufficienza, do schei, per continuare a far finta che la nonna sia ancora viva fino al prossimo giro.
L’uomo vuoto al comando ha così rappresentato una città che si genuflette, si prostra, si sdraia di fronte all’ineluttabile “congiuntura dei tempi di crisi”. Neanche un moto d’orgoglio, nessuno sì azzardi. Per fotterli chiagniamo e basta, che se si accorgono che fingiamo ci fottono loro. Due di spade con briscola a bastoni, anzi a bastioni, sfioriti nel ricordo della Gorizia in serie A.
Siamo nella stessa situazione del dopoguerra, senza la guerra, neanche quella fredda che è finita trent’anni fa oggi. Si vorrebbe riproporre città anni 80 – si cena nei locali, si prende l’ascensore, si visitano i musei magari di notte e poi tutti a ballare al bastione fiorito – la “Gorizia da bere” a cui è rimasto il bere. Dolci di frontiera, quando la città è già all’ammazzacaffè.
Ma Ziberna e la compagnia danzante sempre meno numerosa che lo accompagna, sono proprio necessari? Andrea Picco
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