25 gennaio, 19.41 sono il giorno e l’ora dell’ultimo messaggio di Giulio Regeni, prima che venisse rapito, torturato e ucciso al Cairo. Per la sua famiglia uno spartiacque tra la vita prima e dopo una tragedia.
Ieri a Fiumicello, in molte altre città italiane e non solo, tantissime persone si sono riunite in un caloroso abbraccio virtuale per gridare silenziosamente “noi non smetteremo di chiedere la verità”.
Non voglio soffermarmi sui bellissimi interventi che hanno indubbiamente arricchito la serata, ma sul significato profondo che ha questa giornata a quattro anni di distanza dalla scomparsa di Giulio.
Non si tratta di una commemorazione classica, in cui i vivi ricordano una persona che non c’è più e la riportano in vita anche solo per un attimo. No, è esattamente il contrario. E’ Giulio in persona che ci ricorda qualcosa: che non bisogna smettere di lottare per la verità, che bisogna condurre la propria vita secondo i principi della solidarietà, della convivenza pacifica, del dialogo, dello scambio, dell’apertura. Tutti aspetti che hanno contraddistinto la sua vita di giovane viaggiatore, studioso e ricercatore.
Leggetelo il libro Giulio fa cose e vi renderete conto che non può che essere così. Già il titolo dice tutto: non in ricordo di… C’è Giulio in primo piano, protagonista, c’è la sua storia che insegna, che stimola. C’è la sua voglia di apprendere, di fare, di conoscere che dovrebbe essere il faro per ogni giovane.
Giulio siamo noi non è solo un #, è la solidarietà del popolo giallo che indossando una spilla, un braccialetto, esibendo uno striscione ricorda ogni giorno che c’è bisogno di verità.
E’ una precisa scelta di campo, e non fate l’errore di credere che si tratti di destra o sinistra. Si tratta di bene e male, di verità e menzogne, di diritto e barbarie e di tanto altro.
Non abbiate paura di srotolare gli striscioni. Abbiamo tutti bisogno del #giallogiulio per continuare a credere nelle nostre Istituzioni. Eleonora Sartori
Rispondi