La tragedia di un uomo politico si compie verso l’una di notte, quando anziché starsene zitto e far finire la serata in sordina che tanto poi ci penserà il Piccolo a salvargli la faccia, si alza a fatica dal suo scranno e prende la parola.
Ha una possibilità, prima della votazione finale, ed è quella di ascoltare il consiglio di Zotti che con voce rotta dalla commozione gli dice “Sindaco, mi ascolti: chieda scusa alla Signora Segre. La inviti a Gorizia e le dica pubblicamente abbiamo sbagliato e abbiamo capito di avere sbagliato. Siamo onorati di darle la cittadinanza onoraria della città”.
Ecco, per un attimo ci ho sperato anch’io, lo confesso, che alzandosi riuscisse anche ad alzare il livello della sua storia politica. Invece sbrocca. Grida, inveisce contro tutto e tutti, dà dei giustificazionisti delle foibe ai consiglieri Feri e Traini, è paonazzo, ubriaco d’ira. Risultato? Fa la figura di chi quando il saggio indica la luna non è in grado neanche di guardare il dito, ma solo di tirarlo per scoreggiare. Abbassa il livello delle sue parole a se stesso, inadatto al ruolo che ricopre. Mistifica le parole dette in aula, attacca a casaccio senza colpire, anzi autocolpendosi ad ogni frase, perché fa capire a tutti che è succube dell’incapacità di elaborare un qualsivoglia pensiero più complesso dell’ovvio di cui ha ovattato la sua carriera politica.
E’ uno spettacolo pietoso per la città, vedere le vene gonfie di questo venditore del nulla a caro prezzo, il prezzo di una città in ginocchio, come involontariamente ha detto un imbarazzante consigliere di maggioranza nel tentativo di difenderlo col benaltrismo che è l’unica categoria politica che questa destra conosca. Non c’è niente che funziona, e noi stiamo qui a perdere tempo con una donna che è già stata fortunata (sì, l’ha detto ancora) ha già avuto il massimo dalla vita (si, l’ha detto veramente) perché è senatrice a vita.
Di fronte a cotanto pulpito da cui viene la predica, all’una di notte il nostro si erge a degno rappresentante di una maggioranza a cui dice chiaramente non voglio più avere a che fare con questa opposizione. Non male, per uno che rappresenta tutta la città. Quale kharma deve scontare, questa comunità che già ha dato tantissimo nel secolo scorso, per essere rappresentata dal nulla?
Imboccato il precipizio, il nostro non si ferma più, sfonda il suolo e scava una buca in cui dovrebbe nascondere la vergogna di ciò che dice. Invece no, continua a scavare, e più parla e più scava, e più scava e più sprofonda, e tira con lui l’intera città.
Finisce peggio del previsto. E pensare che era cominciata con ironia, la seduta, con il consigliere Traini che vedendo le impalcature al primo piano aveva detto “gli avevamo detto che era ora di levare le tende, non di lavarle…”
Lui e l’altro, col cartello in mano: Gorizia frazione di Kabul. Torni lì, a rappresentare quel livello, è quella la sua dimensione. È quella, la sua cifra politica. Si dimetta, per salvare l’onore di una comunità che non merita di essere umiliata come ieri notte. Simbolicamente, la notte di un’intera città. Andrea Picco
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