Uno dei pochi intellettuali e politici non collusi, finanziati e compiacenti con il fascismo, Antonio Gramsci, diceva La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati.
Mai pensiero fu più attuale. Quello che è vecchio è il sistema in cui siamo vissuti dalla fine della guerra. Ormai è sotto gli occhi di tutti che il capitalismo o liberismo – come è politicamente corretto dire oggi in cui le cose non si chiamano più con il loro nome – è un sistema che ha perso ogni residuo di energia propositiva come poteva avere in Italia negli anni ’60 e ’70 con la grande modernizzazione del paese.
Oggi porta con sè solo disoccupazione, precarietà, distruzione della cultura, consumismo, saccheggio della natura e guerra. Dunque è un impedimento al nuovo che deve nascere. Ma il nuovo è impedito dal nascere da una serie di fattori. Da un lato la consapevolezza da parte delle classi dirigenti che la situazione è e sarà molto critica e che la parola d’ordine di “superare tutti insieme la crisi”, che era la stessa di “essere tutti sulla stessa barca” è la più funzionale a lasciare, anche dopo, le cose come stanno, dall’altra una inconsapevolezza di tanti di noi che la svolta è davvero radicale: non si tratta di essere più ambientalisti o più pacifisti, perchè il problema è un cambio di paradigma, un nuovo modello di sviluppo, un nuovo linguaggio che descriva la realtà così come è.
Il nuovo sarà ostacolato con forza da chi comunque nel vecchio ci ha lucrato. Insomma le soluzioni non potranno più essere settoriali e bisogna pensare a un mondo nuovo. Questo ci aiuterebbe a superare il morbo, ma dovremmo essere tutti convinti che tra poco si giocherà una partita decisiva a livello nazionale e internazionale sulle soluzioni da prendere per superare la crisi e noi dovremmo essere all’altezza di questa nuova fase. Anna Di Gianantonio
Rispondi