Il messaggio, ribadito più volte in molti modi diversi, alcuni piuttosto bizzarri, è stato recepito. Siamo a casa, dove non ci potrà accadere alcun incidente (!), i parchi sono chiusi dunque non ci saranno assembramenti (!), il jogging bandito dunque nessuno si spaccherà caviglie (!), i cani ormai addomesticati a farla nel wc, con tanto di azionamento sciacquone.
E’ vero, si tratta di sacrifici nulli se paragonati ad altri fatti nei secoli passati, ma pur sempre di sacrifici e prima o poi lo scotto lo pagheremo tutti, a livello psicologico, anche chi si sente collocato di diritto tra le persone “a bolla”.
Credo che i goriziani si siano comportanti abbastanza bene sin dal principio, un po’ perché da sempre ligi alle regole, un po’ perché non sono mai stati troppo festaioli e quest’ultimo aspetto, per cui spesso vengono presi in giro, oggi potrebbe rivelarsi un dato molto positivo.
Chi scrive non esce da due settimane, se non per fare la spesa e ritiene che ciò che ci viene chiesto dovrebbe essere percepito come un dovere civico di tutti, però non si possono non notare tante esagerazioni e contraddizioni.
Invocare l’esercito è, ad esempio, un’esagerazione, chiudere i parchi e lasciare aperte le fabbriche una delle tante contraddizioni.
So per certo che non dappertutto sono in grado di rispettare le regole perché di mascherine non ce ne sono. Non solo: non producono beni essenziali e potrebbero far smaltire ai propri dipendenti ferie pregresse. Io veramente non capisco l’esigenza di tenere aperto a tutti i costi, quando il mondo è bloccato.
Avranno ragioni che sicuramente non sono in grado di capire, pazienza. Ma che senso ha privare i cittadini delle più elementari libertà di movimento quando esistono tantissime fonti di contagio? Gli operai rischiano la loro pelle, tornano a casa e mettono a rischio i propri cari.
Ho trovato tanta aggressività scagliata contro i camminatori, i runner, i proprietari di cani, ma non altrettanta nei confronti dei proprietari delle fabbriche. Ho visto fare nomi e cognomi, ma non delle fabbriche aperte.
Se è vero, come credo, che questa batosta servirà a farci ripensare al sistema che l’ha causata, e che non bisogna desiderare di ritornare alla normalità perché proprio la normalità è stata il problema, forse è proprio da qui che bisogna ripartire: dalla messa in discussione del nostro sistema produttivo e di lavoro. Eleonora Sartori
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