La sospensione di tutti i servizi educativi (scolastici, domiciliari, doposcuola, etc.) causata dall’ormai famigerato Covid-19 e che ha coinvolto tutto il Paese è stato un colpo fortissimo, per tutto il sistema del cosiddetto Sociale.
È stato, in primis, un colpo per i ragazzi assistiti nelle scuole ai quali è venuto a mancare quell’aiuto nonché sostegno soprattutto nell’integrazione sociale coi loro coetanei, obiettivo sacro per ogni educatore. È stato certamente un duro colpo per le loro famiglie che improvvisamente si sono viste private di un supporto quotidiano nella gestione di problematiche tra le più diversificate, tra mille difficoltà.
È stato però, altrettanto, un colpo durissimo per tutte quelle persone che ogni giorno con professionalità, dedizione e sacrificio offrono l’aiuto, il supporto e il sostegno a questi ragazzi e le loro famiglie.
Siamo noi, operatori del Sociale, le educatrici e gli educatori, coloro che sono e vogliono essere parte integrante di un sistema welfare sempre più in difficoltà, ma che insiste nel non volere lasciar indietro nessuno, proprio perché convinti che ciascuno di noi abbia pari diritti, pari dignità. Coloro che si prendono cura, ogni giorno e tra mille difficoltà, e si mettono a disposizione di tutte quelle persone che sono più fragili di noi.
Dignità e rispetto che tutti noi vogliamo e pretendiamo, perché oltre all’aspetto professionale mettiamo sul campo la nostra umanità, indispensabile nell’affrontare un impegno cosi gravoso e dall’enorme responsabilità.
Per questo chiediamo rispetto, riconoscimento.
Il Governo ha parlato chiaro: gli educatori siano pagati al 100% per le ore nelle quali il servizio è stato sospeso. Non siamo disposti ad accettare di pagare le conseguenze di una crisi sanitaria dalle enormi proporzioni.
Esattamente come gli insegnanti che affianchiamo a scuola, come gli operatori (dipendenti comunali) con cui collaboriamo nei doposcuola vogliamo la piena retribuzione salariale. Quei soldi risultano già a bilancio, quindi già stanziati. Non servirebbe dunque ricorrere al Fondo Integrazione Salariale (la cui richiesta tra l’altro non ha ancora ricevuto risposta positiva) che in ogni caso coprirebbe solo in parte la retribuzione lasciando così più risorse libere per tutti quei settori lavorativi che non avrebbero altre possibilità di sostegno, anche a Gorizia. E sappiamo bene che ci sarà tanto bisogno.
In commissione Bilancio, il Segretario comunale ha confermato che i dipendenti comunali saranno pagati per intero mentre per quanto riguarda i servizi appaltati “la partita è ancora aperta”: no, noi non possiamo tollerare d’essere la palla rotolante in un campo da gioco, l’oggetto di una “partita”. È francamente un gioco lesivo della nostra dignità e professionalità. Un gioco che ferisce l’umanità che mettiamo a disposizione ogni giorno. Questo mondo, il nostro mondo nonché quello dei ragazzi coi quali ci relazioniamo tutti i giorni, vive già da anni la mancanza di un adeguato riconoscimento, anche economico. Non sentiamo proprio il bisogno altre discriminazioni, di ulteriori umiliazioni.
Abbiamo sentiamo spesso in questi giorni parole con le quali si prova a rassicurare tutti i cittadini, che saranno aiutati coi tutti i mezzi possibili, senza dimenticare nessuno. Siamo anche noi, educatrici ed educatori, quei cittadini. Lo sono anche le nostre famiglie. E non possiamo pensare che per questa Amministrazione il valore del nostro lavoro possa dipendere da partite da giocare ai tavoli della politica, come in una guerra di scacchi, dove vince chi ha più abilità, anche nel saper attendere le mosse dell’altro.
Nei propri profili Facebook il Sindaco ha dichiarato che questo “è un argomento che viene seguito da ANCI FVG, Gorizia come gli altri Comuni si adegua.”
No Sindaco, non è cosi. Lei risponde ai suoi cittadini, alla sua Comunità. Può certamente confrontarsi con gli altri ma, con coraggio e determinazione, deve prendere decisioni giuste per la sua di Comunità. È sua responsabilità farlo, senza attendere ulteriori autorizzazioni, l’unica che le serve, quella del Governo ce l’ha già. E non ha bisogno di ulteriori finanziamenti per fare questo.
Questa è l’occasione, signor Sindaco: l’Amministrazione può farlo. Faccia in modo che quel valore umano di cui si diceva, non si trovi nel mezzo, tra il 100 o il 70 percento dello stipendio.
E che nessuno venga lasciato indietro. Nessuno.
Eltjon Grizhja, educatore
Se i soldi di queste retribuzioni sono stati già stanziati, non dovrebbe aver luogo alcun confronto politico o alcuna partita a scacchi tra le parti coinvolte per dirimere una questione che non c’è. Purtroppo, però, in Italia il gioco delle tre carte è sempre piuttosto in voga tra coloro che ci governano e amministrano: questo vince, questo perde, ma stranamente è sempre il banco a trionfare. E se per caso una volta tanto dovesse perdere, la fuoriuscita di denaro verrebbe compensata con metodi più o meno ortodossi. L’emergenza sanitaria deve essere l’occasione per invertire la tendenza degli ultimi anni: si facciano tagli sul futile, non sull’essenziale. Chi è parte attiva nel processo di educazione, indipendentemente dal ruolo che ricopre, è fondamentale nella formazione di una società e di una collettività migliore di quella che ci hanno fatto trovare coloro che ci hanno preceduti. Mercanteggiare sulla loro dignità e sulle loro competenze equivale a mettere a repentaglio il futuro del Paese.
Vi sono vicino. Qualsiasi iniziativa vogliate intraprendere a difesa della vostra professione, vi sono vicino.
Esatto, essendo i soldi già a bilancio e non essendoci, dunque, problemi nel reperirli, non ci dovrebbero essere questioni di alcun tipo. Si paga e basta. Stiamo parlando di decurtazioni a una paga piena non certo alta… Vivere con 1200 euro al mese è già piuttosto difficile, con il 70% della retribuzione ancora di più. Attingere ad altre misure di sostegno, inoltre, va a impiegare risorse che potrebbero e dovrebbero essere utilizzate per altri soggetti in difficoltà.