Ad essere sconcertante non è tanto la app Immuni, quanto la conversazione attorno ad essa: se non sei d’accordo, se non la installerai te ne freghi della salute del tuo prossimo. Un ricatto bello e buono, di livello bassissimo, che è stato preceduto da “se vai a correre sei un egoista”, “se porti tuo figlio a prendere un minuto UNO di aria sei un irresponsabile” e potrei continuare la lunga lista delle colpe che in tutti i modi hanno cercato di inocularci, altro che vaccino.
Non riusciamo proprio a farne a meno del senso di colpa, quando ormai dovrebbe essere chiaro che la causa (preferisco un termine più neutro, perché le colpe non sta a me individuarle e giudicarle) del proliferare del Virus va rintracciata in primis in chi gestisce ospedali e Rsa.
Dunque, ora si parla di una App, Immuni, che dovrebbe riuscire a fare ciò che l’essere umano avrebbe cannato. Una App a cui deleghiamo il tracciamento dei potenziali contagiati, una App dunque che gestirà dati sensibili perché inerenti alla salute.
Addirittura, chi si rifiuterà di installarla potrebbe subire delle limitazioni alla libertà personale. Non è dato sapere cosa si intenda con questo ultimo punto: non potrà espatriare? Oppure non andare al ristorante, danneggiando ulteriormente una categoria che farà molta fatica a rialzarsi? Chi controllerà?
Battute a parte, il problema è piuttosto serio e ha a che fare con la nostra sicurezza, in un duplice senso: la nostra salute ma anche il nostro sacrosanto diritto alla riservatezza. Qualcuno scrive che tanto non cambierebbe nulla, che già ci tracciano… Certo, vero, ma un conto è che Facebook e Google ci traccino ai fini del marketing, per sapere se amiamo leggere o viaggiare (e possiamo tranquillamente evitarli non iscrivendoci a Facebook e non usando Google), un conto è che una App obbligatoria tracci persone malate e relativi contatti.
La privacy è una cosa piuttosto seria e chi lavora prevalentemente con Internet lo sa bene: oggi il consumatore deve essere avvisato su tutto, non può nemmeno ricevere una mail se prima non ha autorizzato l’azienda a inviargliela. Il GDPR ha imposto una stretta sui comportamenti aggressivi e selvaggi che c’erano prima.
Ma ora non si parla di vendere, si parla di salute. In Friuli-Venezia Giulia il virus è stato contenuto dal brillante lavoro di operatori che lavorano nei dipartimenti di prevenzione e che hanno dedicato il loro tempo a ricostruire i contatti degli infetti e lo hanno fatto con tatto e responsabilità, e in modo efficiente visti i numeri dei malati dalle nostre parti.
Perché delegare a una App ciò che l’uomo può fare meglio? Una App che peraltro non sarebbe sicura (vi ricordate cosa è successo qualche giorno fa con il sito dell’Inps?) e che sarebbe gestita, oltre che da sanitari, anche da tecnici informatici… Insomma, la legge impone il rispetto della privacy per quanto riguarda la nostra propensione al consumo, e permetteremo si allenti per quanto riguarda il ben più importante rispetto di dati sensibili come quelli sanitari? Eleonora Sartori
Va anche ricordato, però, che la tutela della salute è sancita dalla Costituzione, che non è esattamente un dettaglio. Il che in soldoni significa che bisogna trovare una sintesi tra i diritti che essa sancisce e promuove.
Quanto alla proliferazione del virus, mi permetto di dissentire. Gli ospedali e le rsa sono stati certamente moltiplicatori del contagio, però se è vero come sembra che il virus stava circolando in Italia già da inizio gennaio (se non prima), il grosso dei danni lo aveva fatto ben prima del cosiddetto paziente 1 (che io chiamo paziente primo perché banalmente è stato il primo a rendersi conto di essere stato contagiato). Insomma, si sono trovati addosso un mostro di proporzioni spaventose senza il benché minimo preavviso, e qui mi riferisco alle strutture lombarde che non sempre giustamente sono state messe alla gogna mediatica a differenza di quanto accaduto per le strutture di altre regioni, e mi riferisco agli ospedali di Pozzuoli e Trieste (i primi due che mi vengono in mente), che hanno registrato casi di contagio tra i sanitari nei reparti di urgenza nonostante si avesse perfettamente contezza dell’emergenza e del virus.
Il problema probabilmente è un altro, e sta nell’aver affiancato la parolina Azienda alla parolina Sanitaria, concetto sdoganato diversi anni fa, come se la gestione della salute pubblica possa produrre utili o pareggi di bilancio. Che certi sprechi fossero evitabili, e lo sono ancora oggi, è pacifico, ma guai a credere che alcuni servizi pubblici debbano essere offerti in pareggio di bilancio oppure orientati a generare profitto.
Grazie per l’ospitalità.
Luca
Grazie a te per il tuo contributo!
APPena APPena APPostati?!…
Ma chi se ne frega della APP! Piuttosto, con con la Slovenia che si è barricata che fine ha fatto il GECT e la città unica della cultura? Ne riparliamo tra qualche anno? Comunque tra paesi confinanti ci si sta dando proprio una mano. Soprattutto il dito medio.
In tal senso l’iniziativa del muro di cartone della scorsa estate sembra così lontana nel tempo. Come sopra: la tutela della salute pubblica obbliga istituzioni ed autorità a compiere determinate scelte, anche border line in alcuni casi. Però se la chiusura dei confini ha un senso in assoluto, quella dei valichi tra Gorizia e Nova Gorica a mio avviso non ne ha tanto visto che possiamo considerarle un tutt’uno. Non so se da un punto di vista “legale” sarebbe stato possibile affrontare congiuntamente l’emergenza in corso, ma credo che sia stata persa l’occasione di provarci e dimostrare al mondo intero che la convivenza tra culture diverse può essere pacifica anche in tempi di “guerra”. Spero che almeno per la ripartenza si abbandoni la logica del noi e loro, cioè che la si affronti insieme e che si pongano le basi per fare di Gorizia e Nova Gorica una sorta di unica città da 65 mila abitanti invece che continuare a considerarle due entità distinte. Il futuro va in una direzione decisamente diversa dall’innalzamento di barriere.