Impressionanti i discorsi che si fanno sui vecchi, morti nella RSA oppure a casa, seppelliti senza funerale, oppure trasferiti in altre residenze cosiddette assistite dove hanno contagiato altri ospiti e operatori. E’ evidente che si è scelto di far morire i vecchi perchè non c’era posto negli ospedali e bisognava scegliere.
Va sottolineato che i posti di terapia in ospedale non c’erano per la politica dissennata dei tagli che da oltre un ventennio si fa nel nostro paese, senza dimenticare l’assenza di una medicina adeguata sul territorio.
Altrochè runner, altrochè “c’è troppa gente in giro”. Ma questi vecchi di cui si è fatta strage sono contemporaneamente nella comunicazione pubblica nnche i nonnini che vanno protetti e amati, la generazione che ha ricostruito il paese dopo la guerra. Insomma sono le vittime designate o il pezzo di memoria che perdiamo per sempre?
I vecchi già da tempo e prima dell’epidemia sono chiusi in strutture come le case di riposo fatte sul modello delle caserme e delle carceri: luoghi troppo grandi, con poco personale, poco pagato, spesso poco preparato. Nelle immagini della TV vediamo gli anziani sulla carrozzella, tutti uguali come se l’invalidità fosse un destino comune e se l’immobilità non nascesse anche dalla mancanza di movimento assistito fatto da fisioterapisti formati.
Invece là dentro tutti diventano uguali e il trattamento è standardizzato come si fa per la produzione in serie. Ma c’è un’altra domanda da farsi. I vecchi che non sono contagiati e stanno ancora relativamente bene, perchè non vengono immediatamente ripresi dalle loro famiglie e riportati a casa? Perchè lasciare i nonni in luoghi che sono focolai di epidemie? Il problema di chi ha gestito la sanità e il welfare, ma è anche dei cittadini.
Diamo importanza ai vecchi oppure sono un inutile peso? Ci interessa quello che hanno da dire oppure pensiamo che siano discorsi vecchi e noiosi? Converrebbe ragionare su queste cose perchè è davvero inutile essere contrari all’eutanasia e compierla di fatto nella pratica quotidiana. Anna Di Gianantonio
In una società che corre, corre e corre ancora, alla ricerca del futile, non mi stupisce che oltre una certa età si venga considerati alla stregua di scarti. La pandemia da Coronavirus deve farci rimettere la vita e la dignità dell’essere umano al centro di tutto, deve indurci a tendere verso l’altro e ad aiutarlo ancor prima che sia lui a chiedercelo. La politica e le istituzioni, in questa ottica, possono dare l’indirizzo, ma sta a noi, “gente di strada”, farci parte attiva e fare la nostra parte. Se ognuno di noi si preoccupasse una volta al giorno del prossimo, certe emergenze sarebbero smorzate sul nascere. Un singolo non può di certo aiutare il mondo intero, però se ogni singolo si batte per qualcuno che è in difficoltà l’effetto è quello di migliorare le condizioni di vita della collettività. Si ricominci dagli anziani e in genere dai soggetti più fragili, indipendentemente dalle ragioni per cui lo sono, e ci si preoccupi non solo del nostro orticello ma anche di quello del vicino. Gorizia, viste le sue dimensioni e il suo essere una città lontanissima dai ritmi frenetici dei grossi agglomerati urbani, può essere un fantastico incubatore di attenzione verso il prossimo, verso i prossimi, verso chi non ha la forza per farcela da solo. Basta semplicemente volerlo.
I servizi sociali e la sanità in questo Paese sono andati a farsi benedire da tempo, non è una novità. Ma la colpa di chi è? Dati usciti oggi: quasi la metà dei contribuenti italiani dichiara un reddito sotto i 15mila euro lordi! Quindi dovrebbero campare con circa 800 euro al mese (e considerati i dati dei depositi in banca degli italiani usciti sempre in questi giorni, riescono pure a mettere da parte qualcosa). Quanti sono invece gli italiani che hanno in mano un telefono che costa da solo svariate centinaia di euro e che guidano automobili che costano decine di migliaia di euro? Fate voi i calcoli, poi fatevi una domanda e datevi la risposta.