Una degli aspetti che hanno fatto crescere, anche se di poco, la sinistra a Gorizia era il fatto che alcuni/e rifiutavano la retorica diffusa in città negli anni ’60.
Nelle istituzioni dominava uno stucchevole paternalismo: non c’erano diritti per i poveri, ma solo carità e beneficenza che imponevano obbedienza e gratitudine da parte degli assistiti.
Nei collegi e nelle colonie il Direttore girava sempre con qualche caramella in tasca per i ragazzini bisognosi e deferenti. Dal punto di vista “morale” fare la spia al professore, essere lecchini, precipitarsi dall’ultimo banco quando gli cadeva il gessetto non era censurato, ma visto come segno di rispetto per l’Autorità.
I maschi non potevano tenere le mani in tasca quando camminavano e le femmine si sentivano ripetere “stai composta”. A scuola si faceva il gioco del silenzio e ci si immobilizzava per decine di minuti per vincerlo.
Perbenismo e moralismo costringevano a nascondere in casa malati di mente, omosessuali, ragazze madri, insomma tutto ciò che andava contro il comune senso del decoro.
La fine degli anni ’60 e gli anni ’70 hanno prodotto tantissimi cambiamenti, soprattutto la consapevolezza di avere dei diritti conquistati con le lotte e una dignità a prescindere dalla classe sociale.
Ora quella vecchia retorica sta tornando alla grande e si vede chi amministra la città che gioca a palla con i bambini dei centri estivi, aperti con i soldi non dati agli educatori delle cooperative, che beve lo spritz in mezzo al traffico come Ernesto Calindri, che si preoccupa di tutti noi e ci abbraccia, ma contemporaneamente non lesina offese verso chi dissente e pensa al Carcere europeo dopo aver promesso il campus universitario.
Questa per alcuni sarebbe una comunicazione moderna e efficace? No, è la retorica della vecchia Democrazia Cristiana, manco di sinistra però, ma andreottiana in piena. Anna Di Gianantonio
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