Il Comune di Gorizia festeggia il 12 giugno, il ritiro dell’amministrazione jugoslava della città e l’insediamento della amministrazione del GMA, dunque non la liberazione di Gorizia, ma una nuova e diversa amministrazione.
Il sindaco si uniforma così alle scelte compiute dalla giunta di Piazza e Cisint. La cerimonia del 12 giugno è svolta in pompa magna con la presenza delle massime autorità e con il cerimoniale che si dedica alle ricorrenze importanti della vita cittadina.
Nulla di tutto questo avviene per altri momenti storici, ugualmente fondamentali, ma evidentemente non degni della stessa attenzione. Pensiamo alla cerimonia che ricorda la battaglia di Gorizia, prima battaglia partigiana d’Italia dove reparti dell’esercito italiano come la Divisione Torino guidata dal generale Malaguti, formazioni partigiane slovene e circa un migliaio di partigiani italiani si scontrarono con l’esercito tedesco nel tentativo di fermare l’occupazione nazista di Gorizia, che avrebbe poi comportato la deportazione della comunità ebraica della città. Circa un centinaio di lavoratori italiani caddero in quel coraggioso tentativo.
Ricordati “con riservatezza” sono anche le centinaia di detenuti nel carcere di via Barzellini, uomini e donne, italiani e sloveni, che erano stati imprigionati perchè combattevano contro il regime che per vent’anni aveva ferocemente represso gli sloveni e chi non si uniformava alla politica razzista di Mussolini, nè in pompa magna sono ricordati gli oltre 50 fucilati al castello dall’occupatore nazista.
Ma anche il 25 aprile, data nazionale della Liberazione, sembra una ricorrenza dell’associazione ANPI, piuttosto che una festa nazionale di tutta la comunità, tanto che se ANPI non manda un invito, nessuno si presenta ad omaggiare i monumenti che ricordano i caduti partigiani.
Le autorità cittadine certo hanno partecipato con un rappresentante ai momenti che ho ricordato, ma su invito e spesso senza che fosse pronunciato alcun discorso, come se questi fatti riguardassero una parte della città, figlia di un dio minore.
Non si vuole riconoscere in alcun modo la complessità della storia cittadina, non si vuole ricordare la durezza del fascismo di frontiera, le responsabilità italiane nella guerra di occupazione della Jugoslavia, i crimini compiuti, i villaggi incendiati appena fuori da Gorizia.
Le vittime sono solo i deportati del maggio 1945, prima non c’è stato nulla, nessuna ingiustizia, nessun morto, nessuna vittima. Peccato che la mortificazione di una parte della storia cittadina, la volontà di non cercare il dialogo e di imporre la propria visione della storia, il fatto di dividere i goriziani in figli e figliastri non abbia certamente portato nè ad una maggiore coesione della città, nè ad un suo sviluppo. Tutto rimane immobile, impoverito da politiche che guardano solo al passato e pure con gli occhi strabici. Anna Di Gianantonio
Rispondi