Domani finisce la scuola, e chiunque abbia figli sa che mai come quest’anno l’ultimo giorno viene salutato con apprensione ed incertezza. Gli ultimi tre mesi sono stati molto complicati, e la didattica a distanza ha accompagnato le giornate di tutti noi, nel passaggio da una piattaforma all’altra per i compiti, i colloqui, le lezioni in line.
Da domani in avanti tutto è ovviamente provvisorio, come è stato in questi mesi. Questa situazione ha fatto emergere tutte le fragilità del sistema scuola, sia strutturali sia di personale, sia tecnologiche.
Ieri, commentando come cagata pazzesca sul mio profilo un’ipotesi che da giorni i media davano per probabile, ossia l’introduzione del divisori in plexiglass nelle aule, ho involontariamente aperto un dialogo sulla scuola come istituzione, e la cosa mi fa molto piacere.
Aggiungo qui alcune riflessioni, che partono però da un assioma, che metto in grassetto: soldi pubblici solo alla scuola pubblica.
È stato così in passato? No, centrodestra o centrosinistra al governo hanno destinato risorse alla scuola privata, togliendole a quella pubblica. Analogamente per la sanità. Se una cosa ci deve insegnare questo virus, è che lo stato si deve occupare esclusivamente del pubblico e farlo funzionare al meglio. Il privato sta sul mercato, che tanto ama.
Ha senso dire ci vogliono scuole moderne, più insegnanti, classi meno numerose, tecnologia per tutti, una scuola rinnovata solo se si investe tutto e molto di più sulla scuola pubblica.
Ora governano PD e 5stelle, con altre forze di sinistra. Se una svolta ci dev’essere, questo è il momento. Se resta tutto come prima, non servirà a molto venire a dire poi che la scuola è a pezzi e dare la colpa alla Gelmini di turno. Andrea Picco
Rispondi