“Entro l’estate sarà completato il nuovo corso Italia. Con i controviali ripavimentati in pietra d’Aurisina e porfido, la strada riasfaltata, aiuole e rosai come ai vecchi tempi, un’illuminazione “degna” della strada principale di Gorizia”.
L’incipit non è mio, ma di un articolo del piccolo del 23 febbraio… 2018, che, in perfetto stile velina, continuava così: “a delineare l’ultimo (definitivo) cronoprogramma il Comune nei Gorizia, attraverso gli uffici tecnici.” Non è dato sapere a quale estate si riferisse, visto che il corso, che a spanne ai goriziani è costato il doppio del previsto, ha aiuole come da cantiere, l’illuminazione vanta nuovi pali senza lampione e i vecchi storici pali un po’ qua un po’ là, delle rose non c’è l’ombra neanche delle spine. Seicentocinquanta cespugli di rose inglesi, annunciati il 18 maggio dall’abbracciatore seriale: non saranno ancora arrivate, con la Brexit sai com’è. Ci son costate care, ‘ste rose, tra contratti non rispettati, fideiussioni in banche bulgare a garanzia del nulla, ditte in subappalto che minacciano (o ci fanno, non ricordo) causa, lavori fermi per secoli, commercianti alla canna del gas, lavori a metà, piste ciclabili cancellate, addirittura le prime pagine dei giornali per un “cartello dell’appalto” che si spartiva le opere pubbliche nei vari comuni del Belpaese: “l’inchiesta parte da Gorizia.”
Non se n’è saputo più nulla, ma se son rose, fioriranno. Andrea Picco
e se son cachi…