Un’espressione gergale per definire chi non è conforme a un ideale di comportamento ritenuto corretto dalla società in cui vive. Ognuno di noi l’ha usata parlando più o meno seriamente di qualcun altro: “quel xè fora”.
Oggi, in occasione di una visita al parco Basaglia organizzata all’interno delle iniziative del Lunatico Festival, ho riflettuto su quanto ci raccontava Sara, la guida: “una volta entrate all’Opp le persone venivano interdette. I loro diritti rimanevano FUORI”. Fuori dall’Opp, fuori da loro stessi, perché non ritenuti in grado di esercitarli.
Sembra banale, sembra una questione squisitamente giuridica, ma così non è. Spogliare dei diritti civili un individuo significa togliergli la facoltà di decidere per sé stesso, per la sua vita. Significa cancellare la sua identità di essere umano. Significa relegarlo in un angolo, assicurarsi che respiri e metterlo in una condizione di non nuocere a sé e agli altri. Meno è vivo e presente a sè stesso, meglio è.
Questo è avvenuto per molti decenni negli ospedali psichiatrici e, in altri luoghi, continua ad accadere. Non ho potuto non pensare ai Cpr, non luoghi in cui i diritti degli internati vengono sospesi e ad alcuni ricoveri per anziani balzati ai disonori della cronaca.
Chissà cosa penserebbe Franco Basaglia, oggi quarant’anni dalla sua morte, dei nostri Cpr… O delle modalità con cui in alcuni luoghi si istituzionalizzano gli anziani. Perché se è vero che “matti”, immigrati e anziani sono diversi tra loro, li accomuna una caratteristica: non servire alla modello di società che viviamo oggi, non essere funzionali. Non produci? Non sei! Crei addirittura dei problemi? Esisti solo in qualità di bersaglio di spregio.
Basaglia lo aveva capito che non è possibile ridurre la complessità di un fenomeno, come ad esempio la salute mentale, applicando scorciatoie, formule preconfezionate, ricette pronte all’uso, e ciò gli ha causato non pochi problemi. Oggi, la sua figura dovrebbe essere ripresa, letta, studiata per applicare i suoi approcci e le sue intuizioni alle situazioni attuali.
Il problema è che nessuno, ammesso e non concesso esista una persona competente, brillante e coraggiosa, intende imboccare una strada colma di insidie, calamita di critiche perché la gran parte degli amministratori, dei politici è concentrata su un mandato elettorale breve. In pratica non è disposta alla semina se i frutti potrebbe raccoglierli qualcun altro.
Limitandoci a faccende meno complesse, basta guardare al parco Basaglia e alle sue ricchezze. Quel luogo, oggi teatro di una camminata interessante e partecipata, potrebbe essere uno dei nostri assi nella manica. La storia che racchiude potrebbe (e dovrebbe) essere raccontata ai giovani goriziani che poco o nulla ne sanno, ma non solo: dovrebbe essere una meta di gite, scolastiche e no.
In quali altri luoghi è esistito un confine, quello tra i “sani” e i “matti” innestato su un altro confine, quello tra due Stati, Italia e Slovenia? Ci si potrebbe interrogare a lungo sul loro effettivo superamento…
Tanto è stato fatto, ma non basta senza una reale volontà politica. C’è ancora tanto da scoprire, studiare, sistematizzare. La camminata come quella di oggi è stata un’eccellente presentazione di base, come ha ricordato la guida, ma i filoni da approfondire sarebbero numerosissimi: sanitario, sociale, architettonico, botanico.
Parco Basaglia DEVE essere al centro di una proposta politica seria e strutturata di rilancio della città. Che poi questa parola, rilancio, è talmente abusata da farmi ridere. Siamo pieni zeppi di ricchezze che non vanno rilanciate bensì valorizzate, ma per farlo bisogna conoscerle e per conoscerle bisogna studiarle, avvalendosi del prezioso aiuto di esperti. C’è la volontà di farlo? C’è la reale volontà di cimentarsi con la complessità e realizzare qualcosa di davvero buono per Gorizia, o si continuerà a preferire la banalità malvagia di un carcere europeo? Eleonora Sartori
Rispondi