Mancano meno di due settimane al referendum e ancora non si sa come voteranno i partiti. Stiamo parlando della riforma della Costituzione, sulla quale la posizione di ambiguità a quindici giorni dal voto è semplicemente inammissibile, oltreché ridicola, a conferma che il referendum per le forze politiche assume un valore meramente elettorale, e basta questo a misurare lo spessore della classe politica attuale.
È inaccettabile, anche alla luce del fatto che questa riforma è stata approvata a larghissima maggioranza. Perché allora nessuno vuole esporsi, tranne i cinque stelle, ai quali del messaggio originale onestamente rimane solo il taglio dei parlamentari?
È tristissimo che tutti i partiti leggano la consultazione come un referendum sul governo e di conseguenza attendano gli ultimi giorni per capire l’aria che tira. Prendiamo chi sta ora all’opposizione: la vittoria del NO potrebbe essere cavalcata in ottica elettorale, qualora appunto si fosse data indicazione di votare in tal senso, ma c’è il “piccolo problema” di aver votato SÌ in parlamento.
Prendete il PD: la base è per il NO, i parlamentari sono però in gran parte renziani, l’alleanza coi cinquestelle si fondava sull’ingoio obtorto collo della lotta alla casta. Allora Zingaretti prende tempo, chiede garanzie sulla legge elettorale, fumo negli occhi perché la legge elettorale la cambi quando vuoi e quindi non garantisce niente: Mattarellum, Porcellum, Rosatellum vi dicono qualcosa?
Insomma la struttura dello Stato verrà o meno modificata sull’onda dell’aria che tira. Già questo indica quanto il Paese sia allo sbando. Andrea Picco
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