Visto che non c’è sul cartellone ufficiale posto davanti al Comune, lo sloveno lo aggiungo io, almeno il titolo. Di più non posso perché non lo conosco. Non lo conosco perché non ho avuto la possibilità di impararlo nell’età più adatta all’apprendimento di una lingua e, in età adulta non è semplice recuperare il tempo perduto (anche se non impossibile!).
Non spendo nemmeno una lettera su quanto sia grave l’assenza dello sloveno su un cartellone che parla della storia del nostro confine, perché tutto ciò che potrei scrivere verrebbe definito ideologico.
Vorrei, invece, si cominciasse a fare un discorso serio sul conoscere, almeno passivamente, la lingua del vicino, sia esso lo swahili, il turco, il tedesco o, appunto, lo sloveno.
Al di là dei discorsi, triti e ritriti, sul rispetto e l’amicizia tra i popoli che francamente dovrebbero essere ambiente, ovvero SCONTATI, si dovrebbe porre l’accento sull’importanza del condividere una lingua per un futuro di progettazione comune.
Si parla ormai da decenni di futuro comune, di città comune, di Gorizia e Nova Gorica come un’unica città (anche se sappiamo che questo scenario non va giù ad ancora troppe persone, le stesse che reagiscono ad un doberdan come l’indemoniato all’acqua santa)… Si infarcisce di “frontiera” tutto ciò che si vuole vendere all’esterno… Eppure siamo ancora al palo.
Come pensate che in un futuro si possa progettare assieme qualcosa, dalla pista ciclabile, alla viabilità, a percorsi turistici comuni, senza potersi comprendere? Sempre con traduttore al fianco?
Riporto la risposta del nostro Sindaco a chi, all’inizio del suo mandato, gli fece notare che all’interno dell’ufficio stampa del Comune di Gorizia non ci fosse nessuno che parlasse sloveno. La sua risposta fu, più o meno, questa: non è che se il Sindaco di Gorizia va in Giappone il suo addetto stampa debba per forza parlare giapponese.
Ecco, in questa frase, che non era una battuta, risiede tutta l’assenza di consapevolezza che, se desideriamo davvero un futuro di città unica, è proprio dalla lingua che bisogna partire, dalla conoscenza dello sloveno per gli italiani e dell’italiano per gli sloveni.
Questo progetto si può cominciare a imbastire adesso, che comunque è troppo tardi, istituendo lo sloveno come lingua obbligatoria almeno in una classe di prima elementare italiana… Si comincia a piccoli passi, per costruire grandi cose. Si comincia a seminare adesso per raccogliere tra 20 anni.
Ma la domanda è: lo desideriamo davvero un futuro comune? Eleonora Sartori
Brava Eleonora. Condivido assolutamente la tua riflessione. E aggiungo brevemente che conoscere la lingua di chi ti sta accanto, con cui dici di voler sentirti “comunità” ha molti significati oltre ad una possibilità di scambio rapido su cose concrete, pur importante. Indica interesse vero per l’altro, desiderio di conoscere la sua cultura, piacere di cogliere in tutte le sue sfumature il suo modo di sentire, la sua visione del mondo, possibilità di mettersi in sintonia profonda con l’altro, strumento per superare agevolmente incomprensioni e fraintendimenti. Insomma avvicinarsi alla identità di chi ti sta accanto, se tu vuoi veramente stargli accanto.
Basterebbe parlare in inglese decentemente…
Non sono d’accordo, non basta. Ma convengo con lei che un livello più alto della traduzione riportata sul cartellone sarebbe auspicabile. Eleonora.
Non basta l’inglese….solo conoscendo almeno i rudimenti della lingua del vicino ti apre tante porte. E poi l’inglese non lo parlano tutti. Cosa prenderai un traduttore dall’ inglese allo sloveno?