In questa foto c’è tutto: il mosaico di piazza Transalpina, piaccia o non piaccia, è il simbolo di una comunità, e sottolineo UNA comunità: ciò che c’era prima, e che per molto tempo non è stato, ritorna ad essere.
Prima che guerre e nazionalismi decretassero vincitori e sconfitti, chi doveva stare di qua chi di là, nessuno nemmeno si poneva le domande: da dove vieni, che lingua parli… Non era necessario. Gorizia, pur non essendo mai stata grande, racchiudeva culture diverse che la arricchivano e la rendevano, appunto, grande.
Leggendo il libro di Anna Cecchini “Lyduska: la vita tra due mondi della contessa di Salcano”, ho scoperto una Gorizia che non conoscevo ma che avrei tanto voluto vivere, nonostante tutto.
Per piazza Transalpina ci passo ogni giorno, la osservo e in un attimo mi sento nel futuro che vorrei per i miei figli, che per ironia della sorte è il passato citato all’inizio: non ha importanza che lingua parli, da dove vieni, l’importante è sentirsi a casa, la propria casa.
Il 25 luglio 2019, alla pastasciutta antifascista, è stato proprio così: goriziani, udinesi, pordenonesi, monfalconesi, sloveni di Nova Gorica, di Sempeter, di Lubiana… seduti attorno allo stesso tavolo, a conversare (a volte a gesti, ma poco importa), a godere di relazioni.
Piazza Transalpina è bella così com’è, ma prima che si parlasse di candidature a qualcosa, non è mai stata l’asso nella manica di questa Amministrazione. Lo si evince dal fatto che oggi vi si parcheggia in modo selvaggio, che l’albergo che vi si affaccia sta pian piano andando in malora, che durante il periodo natalizio non è oggetto delle stesse attenzioni di altre aree della città.
Oggi diventa invece una carta da giocare, diventa oggetto di un concorso internazionale per il suo restyling. Ieri sono stati fatti i nomi dei vincitori e subito sui social sono apparsi commenti, più negativi che positivi a dire il vero.
Il punto, però, non è se il progetto vincitore piaccia o non piaccia, il punto è se sia stato concepito conoscendo il vissuto del nostro territorio.
Ho visto le foto e ammetto che il progetto in sé mi piace, ma non per piazza Transalpina, la piazza in cui ho portato parenti, amici e conoscenti suscitando la loro incredulità: “veramente sono con una gamba di qua e una gamba di là?”. E io a rispondere di sì, con naturalezza, senza rendermi conto di quanto questo aspetto fosse assolutamente fantastico per chi qui non vive.
Ricordo che quando il Forum organizzò sulla piazza lo spettacolo “Nazieuropa”, l’attore Beppe Casales, che per lavoro viaggia parecchio, non riuscisse a credere di poter sconfinare con un braccio o un piede.
Le piazze, se ci pensiamo bene, sono questo: sono incontro, apertura, continuità, scambio. Edificarci in mezzo opere, magari architettonicamente gradevoli, va contro alla loro stessa natura.
Sono stati in tanti a criticare piazza Travnik, piazza Vittoria, piazza Grande (chiamatela come volete) dopo il suo rifacimento. Anche in questo caso non entro nel merito di progetti che non sono di mia competenza, mi limito a constatare ciò che vedo: bimbi che vanno in bicicletta, con i pattini, persone sedute ai caffè che parlano. La piazza, appunto. Eleonora Sartori
Brava Eleonora! Condivido le tue parole. Vivo lontano ma mi sento profondamente legata a questa città che ho insegnato ad amare anche a mia figlia. Anche lei stupita e incredula, un mese fa la sua prima volta a Gorizia, nella foto ricordo con un piede in Slovenia e l’altro in Italia. Ho appena pubblicato un libro che descrive la Gorizia accogliente, conciliante, mitteleuropea che tu racconti e sto diffondendo tra i miei lettori in giro per l’Italia la conoscenza di una città che ha una particolarità unica al mondo e ha tre nomi: Gorizia- Goriza – Gorz