Il frutto proibito delle elezioni anticipate piomba così nel giardino della maggioranza, e il sindaco alla frutta di argomenti si aggrappa al Covid per dire c’è bisogno di me. Il voto, e il vuoto, è politico: la maggioranza non c’è più e la salvezza streamingzita dell’altra sera sul consorzio industriale è, grave a dirsi, un morso alla mela di una parte dell’opposizione.
Le elezioni anticipate sono dunque una possibilità reale, evocata da lui stesso. Sfiduciato, senza maggioranza, costretto a inventare nuove promesse per non pagare i debiti politici che ha via via accumulato nei tre anni di cavallette per la città, Ziberna potrebbe uscire con l’onore delle armi dimettendosi, anziché trascinare per un altro anno e mezzo la città nell’imbarazzante passo di danza dell’appoggio esterno di parti dell’opposizione a ogni piè sospinto.
L’ha detto anche lui che la città ha bisogno di unità d’intenti. L’unico intento chiaro espresso l’altra sera è che il centrodestra che l’aveva sostenuto tre anni fa è evaporato. Lo era già un anno fa, sull’aeroporto. Dimettersi è quindi l’opzione per lui più alta, lui che non lo voleva fare, il Sindaco, e a incastrarlo fu Riccardi. Ziberna, allora debole perché sotto processo, non poteva dire di no: se avesse vinto avrebbe fatto il Sindaco, in caso di sconfitta non avrebbe potuto pretendere nulla in Regione o addirittura a Roma.
Oggi come allora, la mela verde delle elezioni, sembra per lui tanto quella avvelenata di Biancaneve. Andrea Picco
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