E’ terribile la morte di tanti anziani per Covid. La loro perdita, spesso trattata con sufficienza, perché “tanto aveva 96 anni…” non tiene conto che sta sparendo in massa una generazione che possedeva uno scrigno di memoria fondamentale per costruire un futuro diverso.
Lidia Menapace è stata una donna che per seguire le sue idee, ha rinunciato a tanti riconoscimenti e gratificazioni. Cominciò da giovane, nel 1945, quando finita la guerra partigiana cui aveva partecipato in Val d’Ossola con il nome di battaglia di “Bruna”, rifiutò il grado di sottotenente e l’indennità che le spettava.
Iniziò a far politica con la Democrazia Cristiana. Se ci fosse rimasta avrebbe di certo fatto carriera, ma quando stava per essere assunta dall’Università Cattolica di Milano si dichiaro marxista e non ebbe il lavoro.
Iniziò un percorso politico a sinistra, costituendo il nucleo del quotidiano “Il manifesto”, mal vista dal PCI che non la candidò mai al parlamento in cui entrò ad 80 anni con Rifondazione Comunista.
Quando stava per essere designata alla presidenza della Commissione Difesa del Senato, criticò le Frecce Tricolori da convinta pacifista e anche allora non venne eletta né mai fu nominata senatrice a vita.
Grande parte della sua vita la dedicò al movimento femminista. Fu dirigente dell’UDI e a lei si devono importantissime riflessioni sul linguaggio sessista e soprattutto sul tema del riconoscimento tra donne. Per Lidia se le donne non riconoscevano l’un l’altra competenze e autorevolezza, se non si sostenevano nelle loro ambizioni, non avrebbero mai ottenuto la liberazione per cui lottavano. E lei le donne le riconosceva davvero, partecipando alle iniziative, macinando chilometri per partecipare ad ogni iniziativa nelle più piccole e irraggiungibili cittadine italiane, come Gorizia.
Ironica e piena di senso dell’umorismo non si arrese mai e non rinunciò alle sue idee. Fece crescere una seconda generazione di femministe che in lei videro una maestra, una guida. La ricordiamo a Trieste alla manifestazione contro CasaPound, piccola, minuta in un comizio di sera e al freddo a parlare contro il fascismo.
Aveva 94 anni e l’energia di una leonessa. Anna Di Gianantonio
Non solo come donna.. Ma proprio come persona, ho la convinzione che onestà intellettuale, coraggio, entusiasmo, competenza, autorevolezza e tolleranza non siamo legati all’età.. Non dobbiamo credere a chi vuole indurci all’Alzheimer come equivalente di senilità.
Il 25 aprile 2020, 75° anniversario delle Liberazione, l’ho ascoltata sempre acuta e piena di spirito alla trasmissione TV condotta da Gad Lerner.. Eravamo ancora prigionieri della “prima” fase della pandemia, ma ci stavamo avviando all’estate, alla riapertura.. Così almeno volevamo credere.
Con le morti dei nostri cari anziani, di queste grandi persone che hanno vissuto periodi drammatici affrontandoli con tutto il loro coraggio, perderemo parte della nostra Storia. Saremo capaci di non dimenticarli, di portare dentro di noi e soprattutto di trasmettere a chi verrà dopo gli ideali che ci hanno salvati e hanno costruito la Pace di cui, immeritamente, godiamo?
Voglio e devo crederci, perché quella che viviamo oggi è un’altra specie di Resistenza.. che è “presa di coscienza”
Ciao Bruna
C’è bisogno di ricordare queste grandi donne.
Tante giovani donne danno tutto per scontato e non sono a conoscenza di quante rinunce e sacrifici è costato a quelle che ci hanno preceduto.