I consiglieri comunali Piscopo e Picariello prossimamente chiederanno all’aula consiliare (che fluttuando nel web è sempre più lontana dalla pratica partecipativa della democrazia, e per molti non deve essere un dispiacere) che si faccia un referendum consultivo sul senso unico del Corso, utilizzando il controverso strumento della mozione ( controverso perché se lo fanno alcuni è carta straccia, se lo fanno altri è meritevole di attenzione e finisce sulla stampa).
Meraviglia che costoro, consiglieri comunali da una vita, insieme al resto della nutrita compagine che ha fatto del consiglio la sua seconda casa, peraltro con scarsi risultati, ancora non abbiano capito che proceduralmente prima bisogna superare un impasse, del quale a nessuno importa una cicca: lo Statuto comunale è ben vero contempla il referendum consultivo, ma dopo l’art.77 richiamato dai consiglieri ci sta l’art. 80.
Che dice: il collegio di garanzia che ha il compito di valutare l’ammissibilità dei quesiti referendari è composto dal difensore civico, il segretario comunale e il revisore dei conti.
E dove sta il difensore civico? Chi sa dov’è finito? Eppure c’era!
Se servono tre componenti per avere il collegio di garanzia, come si fa se ce ne solo due? Semplice. Non si fa, quindi qualsiasi referendum entro le mura di Gorizia è sospeso per impossibilità procedurale. Un diritto negato alla partecipazione popolare.
Il problema e relativa soluzione hanno composto un punto saliente del programma con cui Forum Gorizia ha partecipato alle ultime elezioni amministrative. Scrivevamo così:
La trasparenza unita alle forme di partecipazione popolare diretta, come il referendum e le deliberazioni di iniziativa popolare, hanno lo scopo di rimuovere gli ostacoli alla partecipazione politica e istituzionale di permettere il controllo politico dei cittadini nei confronti dell’Amministrazione.
E poi, al paragrafo 1.3: In attuazione degli art.1 e 3 della Costituzione, il Forum intende riformare lo Statuto comunale che attualmente non rende possibile l’indizione dei referendum su richiesta dei cittadini, in quanto il collegio di garanzia che ha il compito di valutare l’ammissibilità dei quesiti referendari prevede tra i suoi tre componenti una figura istituzionale che non esiste più, cioè il difensore civico. Inoltre, l’attuale composizione del collegio non assicura la sua indipendenza dall’amministrazione. E’ necessario inoltre prevedere nello statuto comunale le deliberazioni di iniziativa popolare sulle materie di competenza del consiglio comunale.
A titolo di chiarimento, giova precisare che un collegio composto da un solo elemento terzo rispetto l’amministrazione non sarà facilissimo ottenere una valutazione imparziale del quesito referendario. Ed è andata proprio così quando il Forum Gorizia propose un referendum su iniziativa dei cittadini relativo alla costruzione dell’ascensore sul Castello, referendum bocciato dal collegio dei garanti. Che caso, vero?
Per la curiosità dei consiglieri comunali che sognano l’indizione di un referendum sul senso unico e su questo attiveranno una discussione di ore e ore in Consiglio, ricordo che la figura del difensore civico di competenza comunale è stata istituita nel 2000 dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali e successivamente soppressa, per motivi di contenimento della spesa pubblica.
Nel 2014 venne istituito il difensore civico regionale, che continua a rappresentare uno snodo di una certa importanza nel sistema di tutela e di garanzia del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, nell’ottica di assicurare e promuovere il buon andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa, secondo i principi di legalità, trasparenza, efficienza, efficacia e equità. In aggiunta, tra le competenze del Difensore civico anche la funzione di Garante per il diritto alla salute.
Ma i Comuni sono rimasti sprovvisti di questa istituzione. Solo nel 2020 è stato concluso un accordo tra la Regione Friuli Venezia Giulia e l’Anci, diretto a mettere a disposizione dei Comuni il difensore civico regionale.
Ovviamente bisogna lavorarci un paio d’ore, fare una convenzione specifica, tecnicamente niente di tale, sul sito dell’ANCI si trova persino lo “schema di convenzione-tipo per l’attribuzione delle funzioni di difesa civica ai sensi dell’articolo 1 quinquies, comma 13 bis, L.R. 9/2014.”
Alcuni Comuni della Regione hanno già stipulato la Convenzione.
E così, ad esempio, in Comune a Cervignano, c’è un giorno e un’ora in cui il difensore civico regionale dottor Arrigo De Paoli è presente, previa telefonata per fissare l’appuntamento. E noi? Noi no. Ma perché mai?
Certo, sono questioncelle che passano in secondo piano, non c’è motivo per ritenere che a Gorizia ci sia bisogno di una funzione che, tra cittadino e pubblica amministrazione, abbia la capacità di assicurare il tempestivo e regolare svolgimento delle pratiche relative ad un procedimento amministrativo in corso; i poteri di segnalazione di eventuali ritardi, irregolarità o disfunzioni; i poteri di intervento, anche d’ufficio, per assicurare tempestività e regolarità di svolgimento nei procedimenti amministrativi che presentino un diffuso interesse per la collettività; la funzione di Garante per il diritto alla salute e le funzioni di garanzia per gli utenti degli alloggi di edilizia residenziale pubblica della Regione. E che assolva al ruolo di terzo componente del Collegio di garanzia ( necessariamente riformato riequilibrando la sua composizione) in caso la cittadinanza chieda un referendum consultivo.
Allora, prima di lanciare la chiamata al referendum, incautamente, con una mozione che contiene una manifestazione di totale superficialità da parte dei suoi autori, meglio sarebbe far lavorare la pur già nominata commissione per la revisione dello Statuto comunale. Statuto che è una delle principali espressioni della autonomia normativa dei Comuni. Un atto normativo che dovrebbe esser caro a tutti, dentro e fuori il Palazzo, perché rappresenta l’esercizio di una potestà che sta scritta in Costituzione, nell’art.117, e che se non fosse chiara è ribadita nella legge n. 131 del 2003, che indica lo statuto comunale quale strumento per garantire le forme di partecipazione popolare, cosa che fa anche il Testo unico enti locali.
Ai lettori decidere se sia più indecente (io direi: illegittima e incostituzionale) l’indifferenza per il negato diritto dei cittadini a chiedere un referendum o la balorda gestione della cosa pubblica, traffico e mobilità inclusi. Martina Luciani
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