Il no alla città unica dei vertici di Forza Italia sancisce che è l’unica strada percorribile per far uscire la città dalla depressione in cui l’hanno cacciata proprio loro, classe dirigente in città negli ultimi quindici anni. E mette in luce anche il ruolo del proponente, che qualche mese fa interrogava il ministro degli esteri sul contrabbando di panini in piazza Transalpina, strumentale a trovare un’altra collocazione vista l’aria che tira nei suoi confronti all’interno del partito.
Benissimo dunque che, in vista del 2025 e del miele che il centrodestra ha ingoiato obtorto collo, escano i veri pensieri di chi, sentendo vicina la sconfitta, vuole almeno vendere cara la pelle.
In realtà l’idea di città unica è l’ultima carta da giocare per rilanciare la città, e già quattro anni fa il Forum l’aveva messa nel programma, prefigurando un percorso lungo che avrebbe permesso oggi di non essere al grado zero, alle sterili discussioni da bar.
Guardavamo avanti, al 2025 e oltre, ma per farlo bisognava avere coraggio e non essere nostalgici dell’italianizzazione forzata, caratteristiche entrambe mancanti in questa amministrazione.
Prima o poi l’amico Klemen capirà che non è poi così tanto amico, in certe stanze. O forse lo sa già ma con questi gli tocca lavorare, ancora per un anno almeno.
Pensate invece a una città che raddoppia, unica nel suo genere. Avremmo qui la sanità, e non a Monfalcone. Avremmo qui nuovi insediamenti produttivi. Avremmo uno sviluppo armonico del territorio, che mette la tutela dell’ambiente al primo posto.
Eviteremmo di essere schiacciati tra Udine Trieste e il confine, diventando centrali per l’Europa anziché marginali per la regione, figuriamoci per lo stato. Si è perso troppo tempo, e dire l’avevamo detto è inutile.
L’unica arma è il voto, quando sarà, al massimo l’anno prossimo. I cittadini è meglio che comincino a pensare a loro stessi, abbandonando chi li ha portati fin qua, nella città morente. Andrea Picco
Rispondi