E’ vero che ogni essere umano “reverendum est” e che pertanto ogni defunto merita onore e rispetto.
Altra questione è l’interpretazione della storia, con i suoi simboli, a volte contingenti e fuggevoli, a volte più duraturi.
Per questo la storia del Milite Ignoto, che riposa all’altare della patria dopo essere stato scelto da Maria Bergamas di Gradisca, svenuta su una delle bare allineate nella Basilica di Aquileia esattamente cento anni fa, deve essere rivisitata con delicatezza, ma anche senza retorica.
Il milite ignoto, come gli altri dieci che riposano nel cimitero sotto il campanile della Basilica di Aquileia, è uno tra le decine di milioni di morti provocati dall’orrenda carneficina che è stata la prima guerra mondiale.
Al di là dell’umana pietas nei confronti del defunto e della sua povera madre, perché sottolineare con tanta enfasi, cento anni dopo, la traslazione del suo corpo da Gorizia/Aquileia a Roma? Che cosa si vuole ricordare? Perché addirittura conferirgli la cittadinanza onoraria postuma?
Molti si affrettano a sottolineare il clima del tutto diverso, la maggior armonia tra i popoli che avevano combattuto in quel tempo gli uni contro gli altri, il messaggio di pace che scaturisce dal ricordo di un giovane perito nel corso di un’immane conflitto.
Si vuole forse ricordare che vale la pena dare la vita per la propria patria? Come a dire che sempre “vale la pena” morire per qualsiasi tipo di ideale. Difficilmente si può trovare un qualcosa di così radicalmente importante in una guerra sconvolgente, che a detta di quasi tutti gli storici si sarebbe potuta evitare con un minimo di sforzo diplomatico in più, reso vano dagli interessi economici e politici dei potenti del tempo.
Sono i militari a tributare i principali onori al milite ignoto. Ma sarebbero proprio loro a dover cogliere l’occasione per affermare come i veri interpreti della pace siano stati in quel tempo i disertori, che si rifiutavano di obbedire agli ordini assurdi di generali macellai, non volendo togliere la vita a giovani come loro. Forse si potrebbe dare la cittadinanza onoraria e tributare le medesime celebrazioni al “disertore ignoto”, ucciso dai fucili di carabinieri obbedienti che dovevano sparare a chi si rifiutava di saltare fuori dalla trincea al grido di “Avanti Savoia”.
O forse, se proprio occorre ricordare in modo così solenne le vittime di quell’inutile strage, si potrebbe farlo in termini internazionali, dedicando una giornata di memoria a tutti i caduti, su tutti i fronti, con diverse divise e soprattutto senza alcuna divisa. Chissà perché, quando ci si riferisce alla prima guerra mondiale, si è portati a pensare che siano morti soltanto i soldati, quando invece, secondo stime abbastanza documentate, solo in Italia sono circa 600mila i morti militari e altrettanti 600mila quelli civili. Allargando lo sguardo ai belligeranti, si raggiungono cifre ancor più spaventose, ben oltre i dieci milioni di morti in tutta Europa e anche oltre.
Per questo molti ritengono che, con tutte le più buone intenzioni, la celebrazione di quest’anno, con l’enfatizzazione strumentale del sacrificio di un unico soldato, ucciso dai politici che hanno scelto di entrare nel conflitto e dai generali che hanno studiato e attuato la disumana strategia della trincea, non possa essere una memoria di pace, bensì un ricordo retorico di un avvenimento lontano. Potrebbe essere quasi un gesto del tutto avulso dalla realtà attuale, e allora che senso avrebbe? Oppure potrebbe essere una tardiva giustificazione dell’ingiustificabile catena di scelte colpevoli che ha portato quel povero ragazzo a morire senza un nome sui monti di Trento e allora sarebbe inaccettabile.
Il ricordo del milite ignoto, quello degli altri milioni di militi ignoti e noti, quello di ulteriori milioni di vittime civili note e ignote, più che alla ricostruzione storica di un evento importante per la storia e l’unità d’Italia, dovrebbe portare a un comune, internazionale riconoscimento, di quanto sia assurda ogni guerra di conquista, di quante distruzioni provochi e di quanto dolore venga seminato. Senza dimenticare che dalle membra maciullate, irrorate da tanto sangue versato, non sono nati fiori di giustizia e di libertà, ma si sono poste le condizioni per la crescita del fascismo e del nazismo, prodromi della seconda e ancor più terribile guerra mondiale.
No quindi alla cittadinanza onoraria al Milite Ignoto, sì a quella dedicata a tutti i defunti Costruttori di autentica pace, ignoti o noti che siano. Andrea Bellavite
Ora capisco, quando leggo questi articoli senza senso, perché quando si candidò nel 2007 io votai per la prima volta in vita mia a DX Ettore Romoli. Fu un voto sofferto, ma se l’alternativa era questa, sono sempre più convinto di avere fatto bene.
Ci si inventa una cittadinanza onoraria al milite ignoto, mentre Liliana Segre era “divisiva”, “icona della sinistra”…
Nel leggere la lettera di Bellavite rabbrividisco.
Prendo atto nel contempo che una recente trasmissione celebrativa del Milite Ignoto alla tv ha raggiunto presenze che da tempo non si vedevano o forse mai viste, da ciò mi sento rassicurato perché milioni di italiani provano i miei stessi sentimenti.
Ogni città d’Italia, ogni piccolo paese, ogni borgata ha avuto i suoi morti durante la Grande Guerra. In ogni città d’Italia, in ogni piccolo paese, in ogni borgata c’è un monumento che ricorda queste vittime.
650.000 sono state le vittime italiane della Grande Guerra; 450.00 i soldati italiani che riportarono invalidità permanenti: senza braccia o gambe, ciechi o sordi, alienati mentali.
Il Milite Ignoto li rappresenta tutti: è un simbolo dei sacrifici tremendi che i combattenti italiani hanno avuto in quella terribile guerra ma anche delle loro famiglie.
Questo è il profondo significato del Milite Ignoto un significato simbolico che resiste e si amplifica nel tempo.
Dare al Milite Ignoto la cittadinanza onoraria di ogni città d’Italia, di ogni piccolo paese e di ogni borgata ha la funzione di ricordo e riconoscenza in una di tutte le vittime che si sono sacrificate per noi 100 anni fa, ma anche delle loro famiglie toccate direttamente dal loro sacrificio.
Le persone che amano la propria Patria riconoscono il sacrificio delle vittime e delle loro famiglie nel simbolico Milite Ignoto senza tanti ma e perché. Mi auguro di aver risposto ai perché del sig. Bellavite.
Che tutto ciò possa essere considerato da qualcuno ( a cui toglierei la cittadinanza italiana perché non la merita e forse neppure la vuole) retorica, esaltazione della guerra, contrarietà alla pace, difesa del fascismo, lo ritengo una attestazione di una profonda confusione mentale, sentimentale e storica.
Queste confusioni si presentano periodicamente.
Lo sono state per Enrico Toti, un altro simbolo dell’attaccamento alla Patria, che in tempi recenti è stato definito “scomodo” ed è stato associato indebitamente a figure come Cadorna, Badoglio ed altri, che gli italiani non amano né ricordano con piacere. Oppure quando l’Isonzo che era da sempre considerato “fiume sacro alla Patria” è ora definito “fiume sacro ai popoli d’Europa”. Era considerato sacro per la nazione italiana, in quanto circa il 30% di tutte le vittime italiane della Grande Guerra c’è stato nel corso delle 12 battaglie dell’Isonzo.
Le confusioni, a cui faccio riferimento, provengono da persone che non hanno sentimenti d’italianità , che non amano la loro Nazione e neanche il tricolore nazionale, da cui ne sono addirittura infastiditi.
Come mai queste persone non mettono in evidenza, in questi tempi di anarchia diffusa, cosa hanno provocato gli anarchici alla fine dell’800 e primi del novecento. Non un cenno, ma la Grande Guerra è stata provocata da loro. Anche loro volevano colpire i simboli sia pure non con la penna, che può diventare però un’arma ancor più pericolosa delle loro.
Renato Antonini Monfalcone