A botta calda, il primo dato da sottolineare di questa tornata elettorale in regione è che alla metà dei cittadini di Trieste e Pordenone interessa zero chi li amministrerà nei prossimi cinque anni.
È un dato che secondo me mina il concetto stesso di democrazia: a Trieste, vinca uno o l’altro, il Sindaco, e quindi la giunta, e la maggioranza sono espressione di meno del 25% dell’elettorato.
La coalizione di Russo va al ballottaggio con Dipiazza raccogliendo a stento il 15% delle preferenze degli aventi diritto. A Pordenone il centrodestra fa il pieno con oltre il 65%, certo, ma anche qui del 50% degli aventi diritto.
La domanda è quindi: gli astenuti sono ormai persi e saranno sempre di più, o è possibile recuperarne al voto attivo almeno una parte? È una scommessa che deve giocare chi vuole cambiare lo status quo, intendendo con questo chi vuole uscire dalla logica di alternanza PD/Destra al governo delle città.
Meno persone votano, più contano i voti garantiti ai poteri preesistenti, i famosi “pacchetti di voti” che, caschi il mondo, votano sempre e comunque quelli lì. A sinistra dovrebbe essere chiaro che per prescindere dall’essere succubi del PD bisogna unire le forze e tentare strade nuove.
L’esperienza di Adesso Trieste può essere in questo senso la strada da percorrere, in termini di metodo. Una forte presenza sul territorio, coinvolgendo tante persone nelle fasi di ascolto proposta e elaborazione dell’idea di città. È un processo lungo, difficile, che porta un risultato che in termini numerici è ben inferiore allo sforzo profuso, ma che se prende gambe in questi cinque anni può essere veramente alternativo al blocco di potere summenzionato.
Le percentuali tra cinque anni – lo so, sembra assurdo dirlo adesso che si è appena votato, ma a volte le elezioni sono la rampa di lancio per quelle dopo – potrebbero portare loro al ballottaggio al posto di un ingessato Centrodestra/PD.
Lezione per Gorizia: gli elettori stanno fuori dai partiti, ma dentro casa. Bisogna andare a trovarli. Andrea Picco
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