Venghino siori, venghino!
I numeri al lotto dell’assessora Gatta
Premetto che sarei ben lieto di poter condividere l’entusiasmo con il quale la nostra assessora descrive la situazione dell’Università a Gorizia, e di quella di architettura in particolare.
Ma chi tiene veramente alla presenza dell’Università a Gorizia, e alla sua valorizzazione, non può che contestare le tante falsità contenute nelle sue dichiarazioni, che non possono di certo far del bene e contribuire allo sviluppo della principale “industria” nella nostra città.
Correrò quindi il rischio di essere nuovamente tacciato quale cassandra, anche se il mio obiettivo, da sempre, è quello di descrivere le cose come realmente stanno. Sarà una deformazione professionale, della quale, ancora una volta, non posso che rimproverare l’eredità lasciatami da mio padre, uomo di specchiata onestà e coerenza intellettuale.
Dunque l’assessora, rispondendo a due interrogazioni di Braulin e Tucci, nel corso dell’ultimo consiglio comunale, ha fornito una serie di informazioni fuorvianti, riprese anche nei giorni successivi dalla stampa locale, purtroppo senza eccezioni e limitandosi a riportare le affermazioni a suo sostegno di un solo collega, da tempo spalla interessata dell’assessora. Nessun altro dei tanti docenti è stato interpellato, neppure i rappresentanti istituzionali del Corso di laurea o del Dipartimento come, ovviamente, nessuno tra gli studenti, che forse più di altri potrebbero chiarire le idee all’assessora, alla sua giunta e allo stesso sindaco.
Tralasciano il consiglio del 28 settembre, la cui registrazione non è ancora disponibile, partiamo analizzando le dichiarazioni dell’assessora riportate dal Piccolo del 4 ottobre.
In primo luogo l’assessora ammette, compiacendosene, che Gorizia ha perso “solo” la laurea “nobile” del DAMS, ovvero quella magistrale, che dal prossimo anno sarà interamente trasferita a Udine, la cui Università ha dato peraltro, e ormai da tempo, con l’abbandono di qualsiasi progettualità sulla Stella Mattutina, segni inequivocabili di abbandono di qualsiasi ipotesi di incremento della sua presenza in città.
Sui preannunciati master, rispetto ai quali l’assessora rimane curiosamente “abbottonata”, ben poco è dato sapere se non che “potranno portare complessivamente altri duecento studenti ogni biennio”. Peccato che i master siano annuali (e non biennali), a numero chiuso (mai più di 25 iscritti), e che prevedano forme di partecipazione non certo di tipo continuativo (essendo molto concentrate nell’arco di pochi giorni), e si fondino sulla frequenza di un tirocinio presso aziende attive nello specifico settore del master (delle quali il nostro territorio non è certo ricchissimo). Inoltre i master, di primo o secondo livello che siano, non possono di certo essere equiparati, come fa l’assessora, ai corsi che rilasciano un diploma tecnico come quello da lei stessa richiamato per macchinisti ferrovieri.
Venendo alla situazione di architettura l’assessora, che accusa a vanvera cassandre e inventori, dimostra nuovamente di non conoscere neppure vagamente la materia universitaria, per la quale ha ricevuto la delega dal sindaco.
In primo luogo la temuta chiusura di Architettura deriva semplicemente dalle regole ministeriali che prevedono un numero minimo di iscritti per poter tenere in vita un corso di laurea, che nel nostro caso è pari a 20, numero verso il quale il corso di Gorizia si è pericolosamente avvicinato. Non c’entrano quindi proprio nulla gli evocati “vertici dell’ateneo triestino”, che nulla possono a fronte di regole nazionali che riguardano tutto il sistema universitario, che l’assessora evidentemente non conosce. La segnalazione di una possibile chiusura d’ufficio del corso di laurea in Architettura, avanzata anche dal sottoscritto, dev’essere quindi intesa come un grido di allarme, lanciato a fronte del sostanziale immobilismo delle istituzioni locali, che hanno voluto l’Università a Gorizia senza mai riuscire a valorizzarne la presenza.
La Gatta si compiace poi di un “aumento imponente delle iscrizioni”. Mi dispiace anche qui, sinceramente, contraddirla e deluderla. Questi sono i dati degli studenti iscritti e frequentanti aggiornati a ieri: primo anno 34, secondo 18, terzo 16, quarto 18, quinto 25, per un totale di 111. In particolare, per quanto riguarda il primo anno, siamo passati dai 28 iscritti dell’anno scorso a 34, con un incremento di 6, che non ci pare di certo un numero “imponente”. In compenso, dei 28 studenti immatricolati lo scorso anno, ne abbiamo già persi 10.
L’assessora si bea anche del finanziamento che, per il terzo anno consecutivo, è stato concesso al laboratorio “Rrr Lab”, la cui reale e corretta denominazione è “Laboratorio di Progettazione integrata dell’architettura e del costruito”. Chiariamo di cosa si sta parlando, visto che la Gatta non riesce a farlo. Si tratta di un’attività didattica, programmata al quinto e ultimo anno di corso, dove i docenti e gli studenti fanno semplicemente il loro mestiere, esattamente come negli anni precedenti e come accade nel laboratorio parallelo (e alternativo) del quinto anno dedicato alla “Progettazione integrata della città, del territorio e del paesaggio”, e che non è mai stato finanziato, non si sa bene perché.
Del resto, da quando il corso di laurea in Architettura è stato trasferito a Gorizia, sono decine le pubblicazione e centinaia le tesi di laurea che docenti e studenti hanno dedicato alla città e al suo territorio, senza che mai queste venissero prese in considerazione dalle tre giunte comunali che nel frattempo si sono succedute. E quando i rari casi di collaborazione hanno portato a dei risultati potenzialmente tangibili, come per Villa Louise (che ha così ottenuto un finanziamento regionale di 5 milioni, che da 7 anni non è stato ancora utilizzato) o per Parco Basaglia (con l’approvazione del suo Piano di rigenerazione, oltre un anno fa e ancora giacente in qualche cassetto del sindaco), il Comune (o la Fondazione Coronini della quale il sindaco è il presidente), i nostri amministratori non sono stati evidentemente mai in grado di valorizzarli.
Ancora l’assessora parla di “una città che risulta attrattiva perché realmente a misura di studente”. Le consiglio allora di parlare almeno qualche volta con gli studenti, che aspettano da anni una mensa, o almeno un bar, nella sede dell’ex seminario, luoghi di svago, almeno un centro sportivo convenzionato con il CUS, una reale integrazione con le realtà istituzionali goriziane, ma soprattutto prospettive di lavoro una volta laureati.
L’articolo del Piccolo conclude affermando che “naturalmente si può fare di più meglio”, di certo, aggiungiamo noi, è impossibile fare “di meno e peggio”!
In una colonna a margine dell’articolo principale, sempre l’assessora parla anche del “coinvolgimento dei docenti delle Università di Londra, Parigi, Amsterdam, Maribor, Vienna e Graz, Stoccarda, Lisbona e Zagabria”, che nessuno degli studenti ha mai visto, neppure virtualmente. Nelle foto pubblicate dai giornali con grande rilievo, che non inquadrano mai le nostre grandi aule, desolatamente semivuote, sono invece evidenti, nonostante le mascherine ne coprano in parte i volti, le presenze di noti professionisti locali.
E ancora sostiene di aver “sottoscritto un accordo per lo sviluppo di attività di ricerca, condotta da 4 borsisi”, che in realtà sono state finanziate dalla Fondazione Ca.Ri.Go.
Poco giorni dopo (il 6 ottobre) la Gatta interviene alla presentazione dell’unico laboratorio (dei 10 attivati nei cinque anni di corso) finanziato dal comune, ovvero quello coordinato dal collega Fraziano.
Altre pompose dichiarazioni, che solo in minima parte corrispondono alla realtà. Proviamo di nuovo a chiarire.
Si parla del finanziamento (del Consorzio o del Comune, non è chiaro) dedicato a un laboratorio didattico che costituirebbe “un unicum”, mentre, come detto, docenti e studenti sono da sempre impegnati a ripensare e riprogettare il territorio che li ospita (si chiama: “terza missione”), anche se da questo sono sempre stati ignorati.
L’unico dato corretto riportato nelle dichiarazioni è quello relativo alle domande di ammissione al corso in Architettura, che sono state 76. Quello che non si dice, però, è che questo numero è dettato dalle nuove regole del test nazionale di ingresso, che prevedono la possibilità di sostenere la prova di ammissione in più sedi. E questo spiega perché poi solo la metà di queste domande si sia tradotta in un’effettiva iscrizione.
Si dice poi che i posti disponibili sono 40. In realtà i posti sono 48, che è il numero più basso tra i corsi in Architettura di tutta Italia, essendo stato progressivamente ridotto dal Ministero da quello inziale di 150 a seguito del drastico calo delle iscrizioni che ha seguito il trasferimento del corso di Architettura a Gorizia.
E ancora i “diversi studenti provenienti da altre realtà universitarie italiane ed estere che hanno deciso di proseguire i loro studi a Gorizia” si contano ormai sulle dita di una mano, e sono un fenomeno fisiologico. Quantomeno altrettanti hanno seguito l’itinerario opposto, andandosene da Gorizia.
Per quanto riguarda poi le solite cassandre che temono il trasferimento di Architettura a Trieste, la Gatta ha parlato durante il consiglio comunale di una vecchia delibera del corso di studi che risalirebbe a quattro anni fa. La informo quindi che una delibera del giungo scorso prevede invece l’avvio dell’istruttoria per il ritorno a Trieste di Architettura, e che tale delibera è stata votata, alla presenza (eccezionale) del Direttore del Dipartimento di Ingegneria e Architettura, praticamente all’unanimità, con il mio solo voto contrario (e l’astensione di due docenti a contratto). A fronte di questo dato, che evidentemente l’assessora ignora, lei sostiene di aver ricevuto rassicurazioni dal Rettore in persona, che dubito fortemente l’abbia incontrata, se non come silente accompagnatrice del sindaco, e che in ogni caso il Rettore è “solo” un primus inter pares, essendo le decisioni in materia di competenza del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione di Ateneo.
Ribadisco: non è falsando i dati o strumentalizzandoli, che si possano fare analisi costruttive e utili per la crescita dell’Università e della sua presenza in città. Non sono demagogia e populismo ciò di cui abbiamo bisogno.
Chiudo con un consiglio amichevole all’assessora, che peraltro non ha mai frequentato una sede universitaria, neppure come studentessa (ma solo quella dell’Accademia, per un diploma di primo livello): limiti le sue ambizioni artistiche, evitando di inaugurare mostre delle sue opere in piena pandemia e in zona rossa in uno dei tre locali gestiti dalla sua collega assessora locandiera in Borgo Castello, violando peraltro tutte le regole nazionali, e inizi invece a studiare come funziona l’Università in Italia e, soprattutto, a dialogare con i nostri studenti universitari, che meritano la nostra attenzione in quanto tra i pochi attori ancora in grado di garantire un futuro alla nostra bella città e di far crescere la nostra comunità.
Sergio Pratali Maffei
Rispondi