All’angolo, violaceo, con la giugulare grossa un dito dei suoi e la massima in linea con le balle al minuto che sta raccontando: duecentoquaranta.
Rischia grosso, il sindaco uscente, al primo confronto con gli sfidanti. Rischia perché la mette sul terreno della balla sistematica, e la gente, praticamente tutta la sala meno i suoi – pochi, tra l’altro – lo irride quando dice che a Gorizia ogni giorno nascono nuove attività commerciali.
È tutto un ehm tossicchiato, un Ah perciò, un prendo atto che una certa sinistra, un imbarazzante show dei suoi tic lessicali che svelano quando sta per spararla più grossa possibile. Racconta una città che neanche lui ci crede più a quello che dice. È tutto un milione di qua, centinaia di progetti di là, tutto un siamo modello in Europa, ci prendono a esempio.
Ma la gente rumoreggia di brutto mentre parla, e lui non può credere che le persone non credano che le pentole sono solo per loro e solo per oggi, a 99 euro, e per i primi cento anche un set di posate.
Sembra il vecchio baffo delle televendite, ma non siamo in TV. Più parla, più quelli lo sfanculano, più lo sfanculano e più sente che li sta perdendo, più lo sente e più diventa viola, più diventa viola e più urla, più urla e piú sbrocca, più sbrocca e più la gente si incazza, più la gente si incazza e più lui perde il controllo, di sé e della sala.
Finisce così, suonato. Cerca di fare lo spiritoso, vincerò al primo turno è solo da vedere il distacco, ma è come quei comici che non fanno più ridere da almeno cinque anni.
In questi casi non resta che invocare il sipario. Sipario su di lui, presto! Sipario su questi cinque anni! Sipario! Sipario! Finisce malissimo, e fuori dal teatro nessuno fa la corsa per dirgli quanto è stato bravo. Mesto, se ne va. L’unica che non lo molla è la bicicletta: la pedalata grazie a Dio è assistita. Andrea Picco
Rispondi