270mila file di dati sensibili resi pubblici dovrebbero bastare per dimettersi. Chi ha hackerato il sistema informatico del Comune ha fatto quanto promesso: una volta scaduto l’ultimatum ha messo in rete vita morte e miracoli dei cittadini goriziani. Una violazione della privacy di massa, un danno incalcolabile perché non sapremo mai in che mani potranno finire. La frittata è fatta, ergo già da giorni è partito il gioco in cui l’amministrazione è più abile: girarla.
D’accordo, può capitare a tutti, ma siamo sicuri che si sia fatto tutto quello che serviva per evitarlo? Evidentemente non siamo sicuri di niente, né al sicuro da niente. La messe di dati sensibili di cui l’amministrazione, attraverso i suoi uffici, è in possesso è sconfinata: per ogni interazione che abbiamo con la cosa pubblica dobbiamo lasciare minimo nome cognome indirizzo di casa telefono e mail, questo prima di arrivare alla richiesta che facciamo, richiesta a cui poi alleghiamo spesso Isee, un conto corrente, i nomi e i dati dei figli o dei parenti, eventuali dati riguardanti il nostro stato di salute. Tutto questo “in fiducia”, ossia con la garanzia che saranno trattati in modo tale da restare privati. È chiaro che sapere che non è più così è gravissimo. Ci espone a qualcosa di incontrollabile, del quale non possiamo prevedere le conseguenze.
Ci sarà chi dirà ma cosa ti preoccupi dei tuoi dati… hai un cellulare? Basta quello, non serve scomodare il deep web. Ogni tuo movimento ti identifica come consumatore, i tuoi dati li hanno già. Per me c’è la stessa differenza che c’è tra essere vestiti o nudi agli occhi di sconosciuti.
Una volta una persona che aveva una certa esperienza di carcere, anzi di carceri, mi aveva raccontato che il massimo della violenza che aveva subito dentro non erano state le botte prese a volte, parecchie volte, dai poliziotti, ma l’umiliazione di essere costretto a spogliarsi e stare nudo al centro di una stanza in cui alcuni agenti intorno lo guardavano e ridevano. Ecco, magari non è così forte, ma rende l’idea.
Come quando ti rubano in casa, che vedi che ti hanno rubato l’intimità, hanno rubato dentro di te. Il comune, per inciso, è la casa di tutti. Il Sindaco, il garante della salute di tutti. Abbiamo affidato i nostri dati a qualcosa che dicevano fosse sicuro ma sicuro non era.
Siamo stati traditi nella fiducia, che è la condizione fondamentale del patto tra ogni cittadino e l’istituzione. È un danno incalcolabile. Chi lo pagherà? Andrea Picco
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