E anche per quest’anno la destinazione degli utili delle farmacie comunali rimarrà un segreto di sacra romana chiesa, anzi parrocchia. Solo lei, l’ineffabile assessore al welfare, è infatti depositaria del misterioso approdo finale del suddetto utile, e non lo svela nemmeno sotto tortura.
Si deve sapere che le nostre farmacie destinano per statuto il frutto del loro lavoro all’assessorato al welfare, con la finalità del loro utilizzo “a fin di bene”. Bene: sono cinque anni che chiedo – ma non solo io, anche altri colleghi di opposizione – quale sia questo bene che viene fatto a botte di 250/300mila euro all’anno. Niente, non si può sapere.
Quest’anno, vista la nuova consigliatura, ho proposto un ordine del giorno in merito, giusto per vedere di nascosto l’effetto che fa: niente, tutti allineati con la sacra romana parrocchia, che il mistero si perpetui.
Una volta all’anno, come per il sangue di San Gennaro, chiederemo conto del miracolo e lei risponderà seccata che non sono domande da fare a madre Silvana di Calcutta, che lei fa tanto per i poveri.
Trasparenza? E perché, lei coi suoi soldi potrà pur fare quel che vuole? Ah, non sono suoi? Vabbè, comunque non sono domande che si fanno a una signora. Si, ho capito ma i soldi, dove vanno? Nel calderone, e non è possibile capire a che cosa sono destinati, ma li spende bene, lei politicamente io ve lo ggiuro sarebbe una santa. Ah ok. Santa subito. E tutti i fedeli in processione nel suo ufficio. Eminenza vi bacio, v’imploro, chill’ duorme con mamma e con me, che crema d’Arabia ch’è chist’ café! Andrea Picco
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