Piazza Fontana, 12 dicembre 1969, culmine della strategia della tensione che in Italia vuole imporre un ordine basato sulla centralità della Democrazia Cristiana e l’esclusione dei comunisti dal governo italiano. Spinte di destra si manifestano nelle Forze Armate, nella Magistratura, in Confindustria dove si discute di come affrontare i movimenti operai, studenteschi e sociali che dai primi anni ‘60 impensieriscono chi considera l’ordine – in fabbrica, in famiglia, a scuola e nelle università, nella psichiatria, in tribunale – il bene da difendere ad ogni costo, anche con le bombe.
Ormai della strage si sa quasi tutto, si sanno i colpevoli, ma si ignorano i mandanti, anche se essi vanno ricercati nelle più alte cariche dello Stato. La stagione stragista, insieme alla guerra fredda ci dimostra che la democrazia in Italia è un’aspirazione più che una realtà.
Questi anni vanno studiati, compresi, fatti conoscere ai più giovani perché sappiano cosa è successo in Italia e come il potere si difenda ad ogni costo, anche con il sangue, pur di non essere messo in discussione.
Martedì 10 gennaio alle ore 18, dopo la discussione su Gladio, continueremo il nostro corso sugli anni 70, parlando del golpe Borghese, di Piazza Fontana e della strage di Peteano, punto di svolta per comprendere i motivi politici che hanno fatto sì che le bombe esplodessero. E, oltre a Gladio, anche Peteano ci dice che Gorizia in quella strategia c’entra eccome… Anna Di Gianantonio
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