Venerdì 13 ottobre si è tenuto a Gorizia, nell’ambito dell’iniziativa “Tracciare futuri”, il tavolo di lavoro “Sanità malata: quali le cure possibili?”
Il tavolo è stato molto partecipato da parte di cittadini e rappresentanti di associazioni e sindacati. Dalla discussione è emerso che, a seguito del pensionamento di numerosi medici di medicina generale, nell’area Isontina è stato istituito l’ASAP (Ambulatorio Sperimentale Assistenza Primaria), una progettualità sperimentale pensata per garantire l’erogazione di prestazioni di assistenza primaria ai cittadini rimasti senza medico di base.
Nell’ambito di tale ambulatorio operano giovani medici neolaureati, a turnazione, che non hanno la possibilità di accedere al fascicolo sanitario del paziente redatto a cura del precedente medico di base. Questo tipo di organizzazione non può garantire continuità assistenziale agli assistiti, con particolare riguardo ai soggetti anziani e con patologie croniche.
Il venire a mancare del rapporto di fiducia con il proprio medico, la mancata conoscenza della storia clinica, la dislocazione dell’ambulatorio stesso, determinano una crescente disaffezione da parte dell’assistito nei confronti della medicina generale.
Spesso ciò si traduce in un afflusso aumentato e improprio presso il Pronto Soccorso, già peraltro oberato da un numero di accessi incongruo rispetto al personale in servizio.
Se a tutto questo si aggiunge la lunghezza delle liste d’attesa per le prestazioni non urgenti, che si è accentuata dopo l’emergenza Covid, viene a crearsi una discrepanza tra domanda e offerta pubblica, con inevitabile ricorso da parte del cittadino alle strutture o ai professionisti privati.
Con il risultato che il cittadino si ritrova a pagare due volte il servizio che dovrebbe essere garantito dal Servizio sanitario, come contribuente e come pagatore diretto, e chi non può permettersi di pagare di tasca propria o tramite assicurazioni aggiuntive rischia sempre più spesso di dover rinunciare alla cura.
E’ così che, in maniera strisciante, assistiamo al venir meno del diritto costituzionale alla salute e, in particolare per la fascia di popolazione meno abbiente, all’amplificazione delle diseguaglianze di salute.
D’altro canto in questo sistema perverso la carenza di personale sanitario in alcune strutture costringe anche le Aziende Sanitarie a rivolgersi al privato sotto forma di strutture private accreditate e convenzionate, liberi professionisti e cooperative che erogano servizi e prestazioni sanitarie, spesso con costi più elevati e minore qualità e sicurezza. E’ legittimo chiedersi: a chi giova tutto questo?
Le cause sono da ricercarsi sicuramente in una mancata programmazione dei posti nella facoltà e nelle scuole di specialità di medicina negli scorsi anni, in un attuale contesto lavorativo poco remunerativa e stressante, sia per i medici che per gli infermieri, che sempre più frequentemente lasciano l’azienda sanitaria per esercitare in privato, o addirittura all’estero.
Ma adesso cosa si può fare? I partecipanti al tavolo di lavoro hanno proposto di migliorare la situazione lavorativa degli operatori sanitari sbloccando il tetto di spesa per le nuove assunzioni, aumentando lo stanziamento per le Risorse Aggiuntive Regionali, favorendo l’attività aggiuntiva a discapito della intramoenia, riducendo nel contempo progressivamente il finanziamento al privato convenzionato ed eliminando gradualmente i contratti con i cosiddetti “gettonisti”.
Nel contempo si ritiene opportuno anche lavorare sull’organizzazione accelerando i contenuti del Decreto n. 77/22 che prevede l’istituzione di Ospedali e Case di Comunità, ma soprattutto favorendo nuove modalità di lavoro che prevedano la medicina d’iniziativa e la presa in carico dei pazienti cronici sulla base di percorsi assistenziali.
Tale tipo di organizzazione alleggerisce il ricorso incongruo al Pronto soccorso, evita il ricorso ad accertamenti inappropriati, evita inutili spostamenti e attese ai pazienti più fragili e affetti da patologie croniche. Ma prima di ogni altra cosa i partecipanti al tavolo hanno richiesto il coinvolgimento, l’ascolto, l’informazione e la comunicazione.
Il Coordinamento salute FVG, presente al tavolo, ha recepito le istanze garantendo di convergerle in precise richieste alla Giunta Regionale, sotto forma di emendamenti alla legge di bilancio. Maria Teresa Padovan
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