E’ greve l’aria che si respira in città. Non mi riferisco alla pioggia autunnale ma alle lamentele che spuntano da ogni dove.
E’ vero, ai goriziani piace lamentarsi, sono campioni olimpici del lamento, ma sta volta c’è qualcosa di più perché il malcontento non sembra confinato a una precisa parte politica (quella contraria alla giunta, per capirci) ma generalizzato.
Veniamo a sapere di gestori di attività commerciali che cercano un confronto con l’amministrazione e trovano solo porte chiuse, che si tratti di concessioni o di mancato avviso di cantieri stradali e chiusura strade.
Ormai sono rimasti in pochi a credere ai progetti annunciati sulla stampa: campus di qua, piazze di là, parchi di su, parcheggi e ascensori di giù.
I cittadini non si sentono ascoltati, percepiscono che la qualità della vita in città è sempre più bassa, che il centro è sempre più vuoto, che i negozi di qualità sono sempre di meno.
Gorizia, oggi come oggi, non ha un’identità. Non è una città per giovani, ma nemmeno per anziani. Non è una città per turisti, non è una città per famiglie.
Tutto va a rilento, quando parte. Mi chiedo perché altrove non sia così, perché fuori dalla nostra città si riescano a fare cose che qui a Gorizia sono semplicemente impensabili.
La risposta che mi do è una soltanto: da troppo tempo non c’è alternanza, la classe politica per la gran parte è sempre la stessa, arroccata, a tratti arrogante. C’è stata la possibilità di provare a cambiare le cose e i goriziani, sia quelli che hanno votato sia quelli che non lo hanno fatto, hanno scelto lo status quo.
Ora sentire e leggere improperi, critiche, a volte anche insulti (che io condanno sempre, a prescindere) fa sorridere o incazzare. Siamo in democrazia, i rappresentanti vengono scelti non si autoeleggono.
Più che perdere tempo sui social a scrivere, bisognerebbe fare un esame di coscienza e non farsi trovare impreparati alla prossima occasione. Eleonora Sartori
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