Non c’è modo migliore per onorare il 25 aprile che conoscerlo e conoscere tutto ciò che lo ha preceduto. Solo così è possibile non abboccare alle troppe idiozie che ci vengono propinate dai politicanti di turno. Studiare la storia significa avere un mezzo validissimo per comprendere l’oggi perchè è proprio nel passato che troviamo non poche analogie con i tempi attuali.
Siamo vicini ormai alla Giornata della Liberazione e io vi consiglio di celebrarla leggendo il libro “1945 Ich Bin Schwagner (sono incinta)” di Anna Di Gianantonio e Gianni Peteani edito dall’Irsrec (Istituto Regionale per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia).
Il libro parla della Resistenza della partigiana triestina Nerina Uršičh, delle sue azioni, della cattura e della sua detenzione al carcere del Coroneo. Un’antifascista pragmatica è stata Nerina, che più che sposare la teoria dei partiti, era spinta dalla necessità di agire (nota la sua frase “co se devi, se fa” in dialetto triestino).
E’ proprio nel carcere del Coroneo che scopre di essere incinta e l’esperienza terribile del lager di Ravensbrück la vive, tra mille paure e preoccupazioni, aspettando il suo primo bambino che nasce miracolosamente due mesi dopo il suo ritorno a casa, dopo un viaggio estenuante in cui la frase “Sono incinta” le servì per difendersi da ogni tentativo di violenza da parte degli uomni che incontrava nel suo cammino.
Il libro, inoltre, si sofferma sull’esperienza concentrazionaria vissuta dalle donne, resa ancora più misera dalla cancellazione di qualsiasi tratto della loro femminilità, e anche sul sentimento ambivalente nei riguardi della maternità, portata avanti in condizioni estreme.
Il rapporto con la figlia Sonia sarà segnato per sempre dall’esperienza materna, dai silenzi, dai traumi e dalla paura che il lager ha lasciato nella mente della madre.
Si comprende, così, come il dramma della deportazione si trasmette alla generazione dei figli, nella consapevolezza che la guerra non finisce con la cessazione dei combattimenti e dei trattati di pace, ma dura subdolamente molto più a lungo, forse per sempre, andando a compromettere la vita anche delle generazioni successive. Eleonora Sartori
Rispondi