Quando fu aperta la cooperativa libraria “Zadruga” a Gorizia in via Ascoli, dove negli anni ‘80 si vendevano libri in italiano e sloveno da parte di un gruppo di soci italiani e sloveni che credevano in un lavoro culturale comune, quando nel 1989 comparve il primo numero di Isonzo-Soca, giornale bilingue, quando fu edito dal PCI il bollettino Notizie/Novice emerse il fatto che gruppi di cittadini democratici si volevano impegnare per creare rapporti, incontri e amicizie di qua e di là del confine.
Questi coraggiosi che volevano contrastare le chiusure nazionalistiche della guerra fredda e i confini fisici e mentali, parlavano di una malattia identitaria della città che, volendo minimizzare o rimuovere del tutto la comunità slovena, si privava di un pezzo della sua storia.
Su Isonzo-Soca sono apparsi molti articoli in cui tale rimozione era classificata come vera e propria patologia. Cancellare parti di sé non giova infatti né all’individuo, né alla collettività. A quel tempo chi faceva quei discorsi, chi parlava di relazioni, conoscenza e dialogo con il mondo jugoslavo veniva spesso accusato di slavo-comunismo e marchiato come chi ha intelligenza con il nemico.
Ora il lavoro di quegli anni è diventato idea comune, come abbiamo sentito negli interventi alla scuola di formazione politica Ettore Romoli. Tutti oggi parlano della necessità vitale per la città di lavorare con Nova Gorica, alcuni addirittura si spingono a dichiarare che le due città devono diventarne una sola.
E’ davvero bello vedere come le idee irrise e malviste siano diventate pensiero comune, anzi siano le idee fondamentali per il rilancio della nostra città. Certo duole un po’ che non si citino mai le fonti da cui le idee sono zampillate, ma, come si suol dire, ciò che conta è il risultato e la soddisfazione di poter dire “avevamo ragione noi”. Anna Di Gianantonio
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